"Massimo Bossetti non si è mai potuto difendere davvero".

Questa in sintesi la posizione dei legali del muratore di Mapello dopo la condanna all'ergastolo pronunciata a luglio dalla Corte di Assise d'Appello di Brescia.

L'uomo è stato riconosciuto, confermando la sentenza di primo grado, l'unico colpevole per l'omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra scomparsa a novembre 2010 e trovata morta nel febbraio 2011.

Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno presentato ricorso in Cassazione con un dossier di 595 pagine, depositato mercoledì alla cancelleria del tribunale di Como.

"Abbiamo esposto in 21 punti - ha spiegato Salvagni ai microfoni di Radio Cusano Campus - le critiche alla sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Brescia. Le domande che noi rivolgiamo alla Corte attengono a quella che noi riteniamo essere una violazione del diritto di difesa".

"È innegabile dirlo: Bossetti non si è mai potuto difendere. Dovrebbe prendere come un atto di fede quanto fatto dai consulenti dell’accusa. Noi non abbiamo nemmeno mai visto i reperti, sembra assurdo ma è così".

"Non consentire una perizia è contro le regole del nostro ordinamento. Se si ha lo strumento per fare luce su una situazione perché non dovrebbe essere utilizzato? Lo chiede l’imputato, perché altrimenti non si può difendere".

Il pilastro della difesa resta quello del Dna trovato sui vestiti di Yara, che - secondo i legali di Bossetti - presenta troppe criticità per poter essere riconosciuto come suo.

IL MOVENTE - Il difensore si è poi scagliato contro il gossip alimentato sul processo, che ha avuto un grande impatto sull'opinione pubblica, a proposito del fatto che Bossetti da tempo non faceva sesso con la moglie e sarebbe perciò questo il movente che lo ha spinto all'omicidio.

"In questa vicenda si è perso di vista il focus principale sul quale ragionare. Si parla di cose che non hanno rilievo processuale. Io contesto anche quello nelle motivazioni della sentenza di secondo grado. Sostenere che i coniugi non andassero d’accordo e che non avessero rapporti sessuali tali per cui questi diventano il movente per un assassinio di quel tipo mi sembra pura fantasia".

"Nessuno era nel loro letto, nessuno può sapere cosa succedeva. Il fatto che non andassero d’accordo è una mera illazione. È un ragionamento fantastico che fa la Corte in un eccesso creativo. Di conseguenza se ne parla nei salotti televisivi, ma è un argomento che distoglie l’attenzione da quello più importante, ovvero la possibilità di andarsi a difendere contro il Dna".

(Redazione Online/D)

I legali di Bossetti, Paolo Camporini e Claudio Salvagni
I legali di Bossetti, Paolo Camporini e Claudio Salvagni
I legali di Bossetti, Paolo Camporini e Claudio Salvagni

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