I pm: «L’Inter intrattiene rapporti indiretti con la criminalità»
Proseguono le indagini sui rapporti tra la società nerazzurra e gli ultras. Gli inquirenti: «Club incapace di interrompere le relazioni, ipotesi agevolazione colposa»L'Inter «nella attualità, alternando atteggiamenti variabili tra agevolazione colposa e sudditanza, intrattiene (indirettamente) rapporti con la criminalità organizzata e con la criminalità da stadio, incapace di interrompere in maniera netta tali relazioni».
Lo scrivono i pm di Milano Paolo Storari e Sara Ombra nella richiesta di custodia cautelare per gli ultrà arrestati ieri. Per il club nerazzurro, cosi come per il Milan, entrambi non indagati, come chiarito ieri, è stato aperto – spiegano gli inquirenti - un «procedimento di prevenzione», senza richieste di amministrazione giudiziaria, ma con un contraddittorio coi legali delle società.
In queste ore gli stessi investigatori inizieranno ad ascoltare gli indagati. Tra loro Andrea Beretta, ex leader della curva Nord, tra i destinatari dell'ordinanza di ieri che ha decapitato i vertici ultrà di Inter e Milan.
«Con la società c'era un rapporto trasparente. Era a conoscenza delle problematiche e ci siamo sempre interfacciati con i responsabili della sicurezza e dei rapporti con le tifoseria per risolvere tutte le questioni. Nessuno ha mai fatto pressioni e minacce. Quando c'era bisogno di più biglietti li chiedevamo, quando c'era da organizzare trasferte ci rivolgevamo a loro», ha detto Beretta –riferisce l’Ansa – parlando oggi con il suo difensore, l'avvocato Mirko Perlino, durante un colloquio in carcere.
Beretta, in cella anche per l'omicidio di Antonio Bellocco, è tra coloro che rispondono, tra l'altro, di associazione per delinquere con l'aggravante di aver agevolato la 'ndrangheta e dovrebbe essere il primo dell'elenco degli arrestati che a partire da domani saranno interrogati dal gip Domenico Santoro.
Stamane, sempre parlando con il legale, Beretta ha spiegato anche la sua versione sui biglietti in più richiesti alla società per la finale di Champions League a Istanbul: «Avevamo fatto una richiesta iniziale ma ce ne sono stati proposti meno della metà. Allora per evitare di lasciare la metà dei tifosi a casa abbiamo detto “non va nessuno”. Poi invece la società in accordo anche con la Questura è riuscita ad ottenere i 1500 biglietti».
Inoltre, come ha spiegato l'avvocato Perlino, «anche dall'attività di indagine è emerso che il mio assistito non aveva alcun rapporto con esponenti delle famiglie calabresi. Lui si interfacciava soltanto con Marco Ferdico, chiamato il 'front man'», e che lo ha sostituito per via della notifica di un Daspo per 10 anni.
(Unioneonline)