Le discoteche restano chiuse e diversi gestori ricorrono ai Tar competenti territorialmente contro il decreto approvato ieri in Consiglio dei ministri.

Lo fa sapere l'Associazione Giustitalia: "Attraverso più ricorsi ai tribunali amministrativi presentati dagli esercenti, i gestori chiedono l'annullamento del nuovo decreto nella parte in cui impone il mantenimento della chiusura dei locali". 

Sono 2.500 le imprese del settore, per un totale di 50mila dipendenti e un fatturato complessivo, nel 2019, di 5 miliardi di euro. E secondo Giustitalia sono circa mezzo milione gli italiani che vorrebbero tornare in pista a ballare.

"I gestori sono consapevoli che questo momento storico è alquanto particolare, ma prima o poi la vita riprenderà. E allora la gente si renderà conto che un terzo dei locali ha chiuso, forse per sempre, perché non ci sono aiuti dallo Stato" commenta l'Associazione.

"Chi esercita professionalmente attività imprenditoriale da ballo - continua la nota - sono mesi e mesi che non ha entrate, a parte una piccolissima parentesi di luglio scorso, e deve (comunque)

pagare gli affitti, i dipendenti, e ci sono famiglie che vivono su queste attività. E poi ci sono anche decine di migliaia di lavoratori stagionali che vivono di stipendi mensili ora azzerati: camerieri, dj, musicisti, addetti alla sicurezza, barman, personale dei locali, ballerini, imprese di spettacolo".

Infine, conclude Giustitalia, il provvedimento può comportare “il rischio concreto di aggregazioni selvagge ed abusive in luoghi privati improvvisati senza alcuna sicurezza sanitaria e senza alcuna vigilanza”.

(Unioneonline/L)

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