Condannato per stupro: «È libero e irreperibile». Ma era in carcere a Cagliari (e all’oscuro di tutto)
Tutto il processo si è tenuto senza l’imputato, arrestato quando la sentenza era già irrevocabile. Il problema è che adesso è davvero sparito nel nullaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Era stato condannato a sei anni perché quando ne aveva 25, su un Intercity Genova-Milano, con due amici avrebbe chiuso in uno scompartimento una ragazza e avrebbe abusato di lei impedendole di scappare.
Il procedimento che aveva condannato l'uomo - un ceco che oggi ha 43 anni ed è irreperibile - prima a Pavia, poi in appello a Milano secondo quanto riportato oggi da La Stampa, è stato giudicato dai giudici milanesi viziato da "nullità assoluta".
I fatti: il presunto stupro di gruppo risale all'ottobre del 2007. Durante il processo di primo grado e quello d'appello viene dichiarato "libero e contumace". E invece era a Cagliari, in carcere per scontare un'altra pena. Viene condannato e arrestato nel 2022, cinque anni dopo che la sentenza diventa irrevocabile e 15 anni dopo quel viaggio in treno. Il problema è che non ha mai saputo di essere indagato per quell'episodio, quindi quattro mesi dopo l’arresto viene liberato per la mancata notifica degli atti.
Diventano così nulle tutte le sentenze, compresa quella diventata irrevocabile. I giudici, accogliendo il ricorso degli avvocati Alberto Pantosti Bruni e Simone Malfatto, hanno stabilito che «l'omessa notifica» degli atti all'imputato ha determinato «la lesione del diritto a essere informato dei motivi dell'accusa e del diritto di difesa».
«Non ha mai saputo di essere imputato», sottolinea la Corte, che ricorda come non sia stato possibile nemmeno verificare se l'imputato fosse stato informato di essere tale. Il 4 ottobre 2022 il Tribunale di Pavia ha dichiarato che «il fascicolo non è stato rivenuto, in quanto andato al macero in seguito a fuoriuscita di liquami nell'archivio». Diciotto anni dopo il fatto, se si rifarà un processo, ripartirà da zero. «La decisione della Corte d'appello - rimarca l'avvocato Pantosti Bruni - ricorda con forza che il diritto di difesa va riconosciuto a tutti coloro che sono sottoposti a un procedimento penale. A prescindere dalla gravità del reato contestato e da ogni altra considerazione».
L'uomo, nel frattempo, ha fatto perdere le sue tracce. Stavolta per davvero.
(Unioneonline)