Appartengono a due persone diverse, entrambe di sesso femminile, i reperti organici ritrovati all'interno della piccola bara di Maria Fresu, la vittima sarda della strage di Bologna.

I resti della donna sono stati riesumati lo scorso 25 marzo dai periti incaricati dalla Corte d'Assise di Bologna che sta processando Gilberto Cavallini.

I reperti organici trovati sono un osso della mano e un lembo facciale, e clamorosamente apparterrebbero a due persone diverse. Saranno comparati nei prossimi giorni con il Dna di due parenti di Maria Fresu che hanno dichiarato la propria disponibilità, il fratello Bellino e la sorella Isabella.

La perizia si è resa necessaria per una serie di misteri che gravano sulla giovane madre sarda (23 anni) scomparsa - nessuno sa spiegarsi come - nella strage di Bologna. Misteri che fanno ipotizzare l'esistenza di una 86esima vittima, probabilmente la terrorista che trasportava la valigetta esplosiva.

La Fresu era letteralmente "disintegrata", di lei furono trovati solo alcuni brandelli, e il perito della Corte d'Assise di Bologna giudica la cosa implausibile, anche perché Maria, con la figlia Angela e le due amiche Verdiana Bivona e Silvana Ancillotti, si trovava lontana dal punto dell'esplosione, in un'area che non venne investita direttamente dalla detonazione.

Il perito ha inoltre escluso che l'esplosione dell'ordigno possa aver disintegrato i presenti, a prescindere dalla loro collocazione sulla scena.

Silvana Ancillotti, unica delle amiche sopravvissuta alla strage, ha raccontato che nel momento dell'esplosione Maria Fresu era in piedi di fronte a lei.

(Unioneonline/L)
© Riproduzione riservata