Ricorre oggi il 31esimo anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo, assieme agli agenti della loro scorta.

Era il 23 maggio 1992 quando le auto su cui viaggiavano il magistrato e la sua consorte saltarono in aria lungo l’autostrada tra l’aeroporto di Punta Raisi e Palermo, dove Cosa Nostra aveva piazzato centinaia di chili di tritolo per eliminare quello che era considerato il “nemico pubblico numero uno” della criminalità organizzata siciliana. 

Un evento drammatico che sconvolse e cambiò la storia del nostro Paese. 

Tre decenni dopo, l’esempio del sacrificio di Falcone e delle altre vittime è più vivo che mai. Ma la percezione del fenomeno mafioso è alquanto mutata rispetto al 1992. E la battaglia contro Cosa Nostra è considerata sempre meno una priorità.

Lo dimostra un’indagine condotta da Ipsos Public Affairs, che evidenzia come oggi quattro italiani su cinque (il 77%) condividono l'opinione per cui «i mafiosi attuali non sono più contadini semianalfabeti ma manager in giacca e cravatta che girano il mondo».

Le mafie, inoltre, secondo tre italiani su quattro, non sono più un fenomeno circoscritto alle regioni del Mezzogiorno, ma si sono diffuse anche nel resto d'Italia e del mondo.

Ancora, il 71% delle persone interpellate ritiene che, più che armi e violenza, siano oggi la finanza globale e le grandi multinazionali l'ambito d'azione prediletto dagli uomini d'onore.

Per gli italiani oggi la mafia rappresenta una degenerazione criminale di forme di potere economico (per il 19%) o politico (per il 20%) o più semplicemente di una manifestazione estremamente violenta e organizzata di criminalità (opinione prevalente con il 28%).

Altro elemento significativo è il calo di priorità attribuita al problema mafioso: a considerare quello delle mafie "il problema più urgente" o "uno dei problemi più urgenti" per l'Italia è ancora una maggioranza (il 55%), ma il dato segna un calo di ben 7 punti rispetto al 2022.

Se si declina la domanda sul Mezzogiorno la percentuale attuale è del 61% ma il calo è addirittura di 8 punti rispetto ad un anno fa. 

(Unioneonline/l.f.)

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