Una bambina ucraina di 11 anni, affetta da una grave e rara malformazione alle vie biliari, è stata salvata con un complesso intervento alle Molinette, ospedale della Città della Salute di Torino.

Nel corso di un’operazione durata dodici ore le è stato impiantato su un rene il fegato di una donatrice di 16 anni di Cesena, morta per un trauma cranico. 

La bimba nell'ultimo anno era stata ricoverata varie volte in Ucraina per infezioni e le condizioni erano peggiorate, con la necessità urgente di un trapianto. Lo scorso maggio è stata inviata dal capoluogo piemontese un'equipe medica e il caso della piccola è stato valutato, grazie alla consulenza del direttore del Centro Trapianto Fegato delle Molinette, Renato Romagnoli, e del direttore della Gastroenterologia pediatrica dell'ospedale Regina Margherita, Pierluigi Calvo. Da qui la decisione di portarla in Italia, ricoverarla al Regina Margherita e inserirla in lista d'attesa per il trapianto. Dopo due mesi è arrivato un fegato compatibile.

L'organo è stato diviso in due parti secondo la tecnica Split: la più piccola, la sinistra, è stata impiantata in un neonato all'ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, mentre la parte più grande, la destra, è stata trasportata a Torino per il trapianto eseguito da Romagnoli.

"Da un punto di vista tecnico è stato un intervento piuttosto acrobatico ma siamo molto soddisfatti. Il fegato a circa una settimana dal trapianto funziona bene - spiega Romagnoli -. Per il momento nessuna complicazione, la bimba è stata svegliata e ha ripreso le sue funzioni e ha cominciato ad alimentarsi".

"I genitori sono molto contenti e riconoscenti - aggiunge Romagnoli - ci abbracciano e capiscono due cose: che l'Italia è un Paese aperto, che accoglie e dona e che consente un livello di cura elevato, perché un intervento come questo è all'avanguardia a livello mondiale. Ne sono stati fatti un centinaio al mondo e sui bambini si contano sulle dita della mano". La piccola appena svegliata ha detto: "Non ci credo ancora che è successo".

"Ora stiamo bene, ma eravamo in ansia", racconta papà Olek, a Torino con la moglie e altri due figli, di 3 e 5 anni.

(Unioneonline/D)

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