Il 18 febbraio di 35 anni a Roma si svolge il “delitto del canaro della Magliana”. Un omicidio efferato compiuto da Pietro De Negri, 31enne originario di Calasetta. La vittima è un ex pugile dilettante, Giancarlo Ricci. De Negri, soprannominato “il canaro” perché aveva un negozio di toelettatura per cani, confesserà due giorni dopo.

Un caso di cui si è parlato per lungo tempo per le mutilazioni e le torture rinvenute sul cadavere, e anche qualche anno fa in occasione del film “Dogman” di Matteo Garrone, ispirato alla storia.

Il sardo, dopo l’arresto, rilascia varie dichiarazioni: alcune trovano riscontro negli accertamenti, altre sono del tutto inventate. Fra i suoi racconti quello più macabro: dice di aver aperto il cranio della vittima per fare uno “shampoo al cervello” usando un prodotto per cani.

Il corpo viene trovato semicarbonizzato.

De Negri era noto come pregiudicato e dedito all’uso di stupefacenti. Ricci invece, 27enne all’epoca, era conosciuto per furti e risse. Il primo aveva spiegato, fra le deposizioni, di aver ucciso il secondo perché, dopo la rapina fatta insieme, non aveva ricevuto la sua parte di refurtiva. In realtà sembra che Ricci avesse rubato uno stereo a De Negri chiedendogli 200mila lire per ridarglielo.

Il 18 febbraio del 1988 il sardo chiama Ricci e gli dice di andare nel suo negozio perché vuole rapinare uno spacciatore. Ricci si presenta alle 15. Verrà ritrovato morto l’indomani in un’area di via Belluzzo, zona Portuense.

Dozzine le mutilazioni, sulla testa un’apertura lunga una decina di centimetri. A De Negri si arriva in poco tempo perché ad accompagnare Ricci al negozio era stato un suo amico e questo aveva riferito la circostanza.

“Volevo far rassomigliare la sua faccia a quella di un cane e così gli ho anche tagliato le orecchie come facevo ai dobermann. Sembrava uno zombie. Non moriva mai. Alla fine, esasperato, gli ho aperto la bocca con una chiave inglese, rompendogli i denti, e l’ho soffocato mettendogli dentro tutto quello che gli avevo amputato. Poi l’ho portato tra i rifiuti, dove si meritava, e gli ho dato fuoco” è una delle dichiarazioni riportate dalla stampa. Ma i racconti dell’omicida vanno anche oltre, spingendosi a dettagli macabri.

De Negri, condannato, ha scontato 16 anni di carcere e per effetto della buona condotta è uscito di cella prima del termine previsto per la pena (24 anni). Dall’ottobre 2005 è tornato a vivere con moglie e figlia. Dopo la liberazione non ha mai voluto parlare della sua vicenda e a chi lo contatta risponde di voler essere dimenticato.

(Unioneonline/s.s.)

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