L’inferno dei veleni è chiuso. Da stamane alle otto anche l’ultimo dei custodi di quell’infinito cumulo di rifiuti pericolosi tra Carbonia e Gonnesa ha smesso di presidiare quella bomba ecologica piazzata tra le antiche vestigia minerarie di Barega e i promontori del Sulcis. La comunicazione con la quale Riverso spedisce a casa anche i guardiani di quell’oasi di inquinamento si è compiuta sino in fondo. L’avevano preannunciato dieci giorni fa ed oggi il mesto rito della cacciata è segnato in quel cartellino che timbra il fine turno.

Fine turno

Ultimo giro di controllo, perché da stamane a gironzolare intorno a quel catino ci sarà solo una ronda, disarmata in tutti i sensi e senza alcuna competenza in tema di discarica. La Riverso S.p.A., la discarica della famiglia napoletana dei Colucci, non solo ha trasferito soldi e bagagli altrove, ma ha deciso di mettere in cassa integrazione anche gli ultimi quattro lavoratori che da sempre presidiavano ingressi e livelli idrici, quelli più delicati per evitare la catastrofe. Mandati a casa senza colpo ferire come i restanti 42 che avevano già da tre mesi “conquistato” loro malgrado gli ammortizzatori sociali. Restano quattro vigilantes di un’agenzia di sicurezza di Olbia, catapultata dalla Costa Smeralda a Monte Onixeddu per verificare recinzione e nient’altro.

Dalla Costa ai veleni

Dall’oasi dorata a quella dei veleni. Per il resto, nei sei giorni di affiancamento con i custodi “storici” imposto dall’azienda per il passaggio di consegne, non hanno imparato nient’altro. Del resto la formazione per sovraintendere a quell’esplosivo cumulo di veleni non poteva essere affidata all’improvvisazione. Ed è proprio questo, da oggi, il più grave dei pericoli che incombono su tutto il territorio. Quella discarica è innescata. Quel deserto di rifiuti pericolosi doveva essere messo in sicurezza, se mai fosse stato possibile, con tanto di isolamento in superficie, intervento che non solo non è stato mai realizzato, ma che ora appare impossibile realizzare vista la prematura fuga da Serra Scirieddus.

Acqua sopra e sotto

A finire sopra e sotto quei cumuli di rifiuti saranno quantità infinite d’acqua, quelle meteoriche e quelle di dreno dell’area, visto che, chiunque capisca di idraulica, si è accorto che quello è un compluvio, ovvero dove, per pendenze convergenti, affluiscono i corsi d’acqua superficiali e sotterranei delle pendenze circostanti. Dunque, da monitorare ci sono i livelli delle “vasche di prime piogge” e soprattutto quelle dei percolati, in pratica in catini a valle dove in teoria si raccolgono le acque trasformatesi in veleni allo stato liquido. Basterebbe una distrazione su quel fronte per far sì che i veleni finiscano direttamente sul terreno, insinuandosi ovunque e soprattutto, se già non è avvenuto, incuneandosi nelle falde idriche della zona a valle. Ora, nell’organico della Riverso, non è rimasto più nessuno e quel compito di verifica di quei livelli di guardia sembra affidato allo Spirito Santo.

L’ora della denuncia

Il pericolo, però, è da ieri all’attenzione della Procura della Repubblica di Cagliari. La segnalazione della Uil Trasporti, coordinamento Provinciale del Sulcis Iglesiente, trasmessa anche al Noe, il Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri, non lascia margine di manovra: in pericolo – scrive il sindacato – c’è la sicurezza della discarica. Le decisioni dell’azienda – secondo il documento trasmesso agli inquirenti – «non garantisce un’adeguata sicurezza e mantenimento di un impianto nel quale lavoravano tecnici di comprovata esperienza e, nello specifico, tali mansioni venivano garantite dai custodi». L’accusa è grave e circoscritta: ad essere a rischio c’è «il travaso del percolato dai pozzi alla vasca di contenimento e il suo monitoraggio, il controllo dei depluvi e delle vasche di raccolta delle acque meteoriche». Il sindacato è durissimo: «Ci si chiede, quale sia il reale intento della società Riverso, anche in virtù di quanto denunciato nell’inchiesta giornalistica dell’Unione Sarda e se questo periodo di incertezza sia effettivamente dovuto ad eventi sfuggiti di mano, come per esempio la difficoltà di reperire una polizza fidejussoria ovvero vi sia stata da parte della società una fuga dalle responsabilità dopo aver intascato milioni di euro».

Cassa integrazione

Per l’organizzazione sindacale, poi, c’è la denuncia relativa alla sostituzione dei lavoratori “spediti” in cassa integrazione, utilizzando gli ammortizzatori sociali, pagati dallo Stato, compiendo un atto illegittimo con la chiamata di una ditta esterna. La Procura ha ora un esposto chiaro con due punti fermi: la legalità della sostituzione dei custodi con ditta esterna di guardiania e la garanzia per una corretta gestione di tutte le problematiche ambientali che potrebbero verificarsi in assenza di personale qualificato. Il rischio, soprattutto con la stagione invernale alle porte, è dietro l’angolo. Un potenziale disastro ambientale sul quale Arpas, Provincia e Regione non possono stare a guardare. La Procura, intanto, ha sulla sua scrivania il dossier Riverso.

Il Tar Sardegna (L'Unione Sarda)
Il Tar Sardegna (L'Unione Sarda)
Il Tar Sardegna (L'Unione Sarda)

Dalla Procura al Tar

Dalla Procura penale al Tribunale Amministrativo Regionale il passo è breve. I signori delle discariche non si arrendono. L’ultimo assalto è di ieri. Udienza pubblica nell’austera aula delle adunanze dei Giudici amministrativi. In ballo c’è ancora una volta il business milionario dei veleni d’importazione, quelli che i padroni delle discariche vorrebbero portare dalle altre Regioni nella terra dei Nuraghi, con l’unico obiettivo di fare cassa alle spalle dell’Isola e del suo ambiente. Questa volta a fare appello ai magistrati del Tar, Dante D’Alessio, Presidente, i Giudici Antonio Plaisant e Tito Aru, relatore, è Ecoserdiana, uno dei colossi dei rifiuti in Sardegna.

No extraregionali

Il contendere è sempre lo stesso: la Regione ha autorizzato l’ampliamento della discarica di Su Siccesu e S’Arenaxiu a Serdiana, ma ha esplicitamente escluso il conferimento di rifiuti extraregionali. Ecoserdiana, guarda caso spalleggiata dalla Riverso, le due società sono rispettivamente socie con l’uno per cento, ha impugnato gli atti della Provincia e della Regione. In realtà nella motivazione del rigetto dell’istanza, sia la Regione che la Provincia, avevano adotto una motivazione elementare: nel vostro progetto di ampliamento non avete nemmeno chiesto di importare rifiuti extraregionali. In udienza lo scontro è in punta di diritto. I giudici non hanno molto tempo da perdere.

Il tribunale di Cagliari (L'Unione Sarda)
Il tribunale di Cagliari (L'Unione Sarda)
Il tribunale di Cagliari (L'Unione Sarda)

Senza orpelli

La domanda del Presidente D’Alessio ai legali di Ecoserdiana è serrata e senza orpelli: cosa intendete fare? In realtà Ecoserdiana, nel frattempo, ha presentato una nuova richiesta alla Regione. In pratica ha preso atto della risposta della Regione e ha chiesto l’ampliamento della discarica rivendicando anche l’autorizzazione all’importazione di rifiuti extraregionali. Dunque, nuova istanza e nuova valutazione da parte della Regione. Ecoserdiana, però, tergiversa nella risposta ai Giudici.

Vorrebbe tenere in piedi sia la prima istanza che la seconda. Il legale dei signori della discarica tenta la duplice carta: si vada a decisione salvo che il Tar non ritenga di dover rinviare.

Regione decisa

Il legale della Regione, Mattia Pani, ha mandato pieno: il ricorso può essere deciso perché l’oggetto dell’impugnazione è la prima richiesta di Ecoserdiana, mentre la seconda è autonoma, nuova e separata, oltrechè fondata su nuovi documenti e diverse richieste. In ballo ci sono milioni di metri cubi di veleni che potrebbero essere spediti in Sardegna in un’operazione più complessiva che, come si è visto a Carbonia, punta solo a riempire a dismisura quelle discariche trasformate in una slot machine di rifiuti. I Giudici conoscono la causa come poche altre. Sanno che l’oggetto del contendere è alto. La domanda del collegio è ancora per i legali di Ecoserdiana: posto che le due istanze sono diverse, avete ancora interesse sulla prima? Ecoserdiana si sente all’angolo e chiede esplicitamente il rinvio della causa, di fatto sino a quando la Regione non avrà deciso sulla seconda istanza. La partita è in punta di diritto, ma anche di strategie processuali.

Giudici incalzano

I Giudici non vogliono perdere altro tempo e rivolgono direttamente il quesito alla Regione: quando deciderete per la seconda istanza? La risposta è chiara, come quella che i Giudici si aspettavano: decideremo dopo la sentenza sulla prima istanza. Il Collegio ha giusto il tempo per uno sguardo congiunto. Il Presidente chiude la partita: la causa va a decisione. Nei prossimi giorni la sentenza. Un altro capitolo della saga dei rifiuti “stranieri” in terra Sarda. Con la Regione che sembra decisa a mantenere barra a dritta nel divieto di far entrare rifiuti extraregionali nell’Isola.

Prossimità e movimenti

E del resto le norme nazionali ed europee in materia di rifiuti sono perentorie: lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati deve avvenire in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti.

Basterebbe un solo dato per chiudere per sempre la questione: le discariche sarde sono insufficienti per gli stessi rifiuti pericolosi prodotti nell’Isola, figuriamoci se la Sardegna può permettersi addirittura di importarne da altre regioni.

Il girotondo dei veleni

Il risultato sarebbe da ricovero coatto: prima facciamo arrivare i rifiuti pericolosi in Sardegna dal nord e centro Italia e, poi, con gli stessi camion portiamo quelli sardi in Continente. Gli unici a guadagnarci sarebbero, ancora una volta, i signori dei veleni. Per loro portare a passeggio, su una carovana di tir, i veleni di mezz’Italia, verso la terra del corbezzolo, è un business infinito.

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