Tanti sospetti, ma nessuna certezza. Per la morte di Valery Alexandre Melis, il caporalmaggiore di Quartu stroncato ad appena 27 anni da un terribile male - il linfoma di Hodgkin - contratto durante le missioni di pace in Macedonia e in Kosovo, non ci sono colpevoli.

INCHIESTA ARCHIVIATA Il procuratore aggiunto di Cagliari Mario Marchetti ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta per omicidio colposo che aveva aperto nel 2004, subito dopo il decesso del giovane militare avvenuto il 4 febbraio di quell'anno, dopo una lunga e terribile agonia, al Santissima Trinità. Un'inchiesta rimasta sempre contro ignoti e che ora viene chiusa, senza che si sia riusciti a fare chiarezza su eventuali responsabilità. Gli accertamenti svolti in questi anni su richiesta dei familiari del militare non hanno infatti consentito di stabilire con certezza che la malattia, diagnosticata nel '99, fu provocata dall'esposizione di Melis all'uranio impoverito, all'epoca contenuto nei proiettili in dotazione alla Nato. Oppure dai vaccini somministrati ai soldati prima della partenza per le missioni. Manca insomma quello che i giuristi chiamano nesso di causalità, la prova scientifica che se il soldato non fosse stato in Kosovo e in Macedonia non si sarebbe ammalato e quindi oggi sarebbe ancora in vita.

«STRANO COMPOSTO» Un epilogo forse prevedibile, contro cui però i familiari del caporalmaggiore, che dopo una lunga battaglia hanno ottenuto dallo Stato un risarcimento di 200 mila euro, hanno combattuto in tutti i modi. Fornendo ad esempio alla Procura la relazione della neuropsichiatra modenese Maria Antonietta Gatti che aveva esaminato il liquido seminale che Valery aveva fatto congelare. Secondo il rapporto del Laboratorio dei biomateriali del Dipartimento di neuroscienze dell'università di Modena, nello sperma di Valery Melis c'erano tracce di «uno strano composto di cerio-lantonio-neodimio-ferro e calcio non biodegradabile e potenzialmente tossico».

L'ESERCITO Anche per l'esercito Valery si era ammalato in missione. Ma a causa dello stress, non dell'uranio. «Risultano sussistere - avevano scritto nella loro relazione i medici militari - nello svolgimento degli incarichi assegnati condizioni estreme quali elevata tensione emotiva, continua e prolungata, ipervigilanza in costante pericolo di vita nell'ambito di missioni extraterritoriali di assoluta eccezionalità e con alto rischio personale e collettivo». Da ora questa è l'unica verità ufficiale, anche se ai familiari di Melis resta un'ultima carta da giocare: quella di opporsi all'archiviazione e chiedere al Gip un supplemento d'indagine.

MASSIMO LEDDA
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