Serbariu, anno del Signore 1700, o giù di lì: se nel resto della Sardegna il banditismo imperversa in maniera feroce, con morti ammazzati quotidianamente, nel cuore del Sulcis per almeno mezzo secolo si vive invece in una bolla di relativa pace e prosperità sociale, culturale (e un tantino pure economica).

Si deve a dodici frati mendicanti, longilinei, occhi chiari, aspetto delicato, che giungono dall’Emilia e si insediano nelle valli e colline che oggi prendono il nome di Serbariu di Sopra. Altro che mito, altro che leggenda: è tutto verissimo sebbene del loro convento non restino che vaghissimi ruderi. Ma del loro operato è rimasta una traccia indelebile nei racconti orali (e anche pure alcune tracce scritte) che un pensionato di Carbonia appassionato della storia locale, Benvenuto Zandara, 69 anni, ha rielaborato e messo nero su bianco nel libro “Monte Miai, fra leggende e testimonianze”.

Lo scrittore nella chiesa di Serbariu (L'Unione Sarda - Scano)
Lo scrittore nella chiesa di Serbariu (L'Unione Sarda - Scano)
Lo scrittore nella chiesa di Serbariu (L'Unione Sarda - Scano)

L’opera è stata presentata grazie al Comitato di Quartiere Serbariu e con la collaborazione del Collegium Musicum Monteverdi. Rivela uno spaccato a dir poco inedito del territorio che oggi ospita Carbonia: “Quello che è accaduto 300 anni fa ha dell’incredibile – rivela Zandara – l’arrivo di quei frati elevò la qualità della vita in quel mondo agropastorale nel passaggio di consegne fra gli spagnoli e i piemontesi, ma altrove il banditismo provocò stragi, qui a parte marginali episodi, grazie a quei frati la vita ebbe connotati più vivibili”. Questi frati mendicanti ebbero ad esempio l’intuizione di consigliare alle levatrici di usare acqua di una sorgente pura quando assistevano le puerpere e questo stroncò quasi radicalmente le numerose morti post partum, “oppure inventarono sagre e feste fra il sacro e il profano che accentuarono il senso di comunità al punto che i motivi di attrito si ridussero”.

Sono passati 300 anni, del convento quasi non c’è traccia, ma un’eredità sicura l’hanno lasciata: Serbariu si è rinsaldata come comunità, attorno al 1850 diventerà Comune e nel 1938 cederà il testimone alla neonata Carbonia: fra le nebbie del tempo, un grazie va offerto anche a quei simpatici frati.  

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