Alcune risalgono a migliaia di anni fa, altre a tempi decisamente più recenti tanto che del loro ritrovamento si stanno occupando anche le forze dell'ordine. Si tratta delle tantissime ossa umane recuperate a Carbonia e Sant'Antioco. Non è escluso che possano appartenere anche a persone scomparse negli ultimi anni.

Due ritrovamenti

Il primo ritrovamento è stato fatto negli anfratti delle colline di Tanì, borgo agricolo adiacente alla strada provinciale 2; il secondo in un viottolo scosceso che conduce alla località di Cala Signora a Sant'Antioco. Ed è in quest'ultimo sito, a breve distanza dalla più rinomata Cala Sapone, che due giorni fa alcuni turisti hanno notato all'inizio di uno sterrato delle ossa. Erano semi nascoste fra la macchia mediterranea a circa 200 metri dalla scogliera di Cala Signora. Il ritrovamento all'inizio ha fatto trasalire le due donne che si sono accorte di qualcosa di strano sul terreno.

La testimonianza

«Si notavano le falangi - racconta Daniela Aresu, sarda d'origine ma residente da tanti anni in Germania - poi si scorgevano distintamente le vertebre, le ossa della colonna vertebrale e altre che non abbiamo saputo distinguere ma che sembravano appartenere alle braccia». Lei e l'amica hanno immediatamente contattato i carabinieri i quali, giunti sul luogo, hanno confermato che si trattava di ossa umane. I reperti sono stati presi in carico e inviati agli esperti dell'Istituto di medicina legale di Cagliari.

Ossa ritrovate (L'Unione Sarda)
Ossa ritrovate (L'Unione Sarda)
Ossa ritrovate (L'Unione Sarda)

Le prime ipotesi

Secondo una prima, sommaria valutazione, le ossa parrebbero non essere riferibili a periodi storici particolarmente lontani nel tempo, ma risalenti a qualche decennio fa. Grosso modo nella stessa zona, infatti, sia nel 2013 che nel 2015 erano state ritrovate altre ossa umane, soprattutto parti di cranio. «Ci ha sorpreso - spiega la turista - la facilità con cui quelle ossa potevano essere notate sebbene per fortuna non sia così facile arrivare nel punto in cui le abbiamo viste». Dato che potrebbero risalire a non pochi decenni fa, difficile anche capire a chi potrebbero appartenere.

La grotta di Tanì

Risale invece a un periodo lungo, dal Neolitico all'era Romana, il notevole cumulo di ossa che giacciono in un anfratto fra le montagne di Tanì. È una frazione ai confini dei territori di Iglesias, Carbonia e Villamassargia. Quella che appare essere una sepoltura comune, era già nota agli esperti della Sovrintendenza archeologica. Ma di recente qualche escursionista si è di nuovo imbattuto nel sito, e all'interno della grotta ha visto una quantità notevole di ossa, fra cui si distinguono nettamente dei crani.

La Soprintendenza

«È un sito noto - sottolinea Sabrina Cixi, funzionaria della Soprintendenza responsabile del Sulcis Iglesiente - e riteniamo che risalga quanto meno al neolitico: purtroppo non tutto può essere sorvegliato ma ci appelliamo anche alle sinergie alla collaborazione con le associazioni speleo e quelle naturalistiche per potenziare un interesse comune a salvaguardia di questi siti». A Carbonia esistono anche le aree archeologiche di Punta Torretta e di monte Crobu, con presenze prenuragiche: «Nei siti fuori mano - avverte l'assessore alla Cultura Sabrina Sabiu - è quasi impossibile la sorveglianza: occorrerebbero investimenti, ma per fortuna spesso gli appassionati di trekking sono nostri alleati».

Andrea Scano

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