Farina di grano duro, lievito naturale, uvetta e scorza d'arancia. Per grazia ricevuta. O da chiedere. A Sant'Antioco, medico e martire che diede il nome all'isola scelta da fenici e cartaginesi. Quel santo faceva miracoli, guarigioni e altri prodigi. Le donne gli offrivano un pane propiziatorio ma Natalina decise che l'impasto andava arricchito. Erano gli anni Trenta, quasi un secolo fa. «Nell'impasto mia madre aggiunse l'uvetta e la scorza d'arancia, il pane povero diventò più ricco, su pai arrubiu , adatto a un santo a cui si chiedono ancora oggi miracoli», ricorda Efisia Vinci, la figlia di Natalina, una delle maestre del pane con l'uvetta di Tuili.

PANE DELLA FEDE Un civraxiu figlio della fede e della tradizione (e della passione delle donne del paese della Marmilla), un prodotto unico, delizioso, che non dovrebbe mai mancare in un paniere di dolci tradizionali, accanto a pardule, amaretti, gueffus. Invece raramente supera i confini di questo centro ai piedi della Giara, mille abitanti, che vanta uno dei centri storici meglio conservati di tutta l'Isola: una delizia che non si trova neppure a Barumini, Turri, Siddi, Villamar, Sanluri, figuriamoci a Cagliari.

Sono questi i giorni de su pai arrubiu , il pane che comincia a colorarsi di rosso quando uva passa e bucce d'arance si mischiano all'impasto di acqua e semola di grano duro, qualità Senatore Cappelli, il frumento dei nonni. Lunedì scorso - il terzo dopo Pasqua, così vuole la tradizione - il pane preparato dalle donne tuilesi è stato portato nell'antica chiesa di Sant'Antonio Abate e depositato ai piedi dell'altare nelle corbule vicino alla grande statua in legno di Sant'Antioco, dove don Edmondo l'ha benedetto.
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