Il messaggino irrompe ogni notte, dopo le 22. Il destinatario è l’anello debole della catena più potente. Che si trovi alle pendici di Esterzili o alle porte di Cagliari, nel cuore di Nuoro o Oristano, o all’ingresso di Sarroch, poco importa. L’esercito dei benzinai, vittime di un caporalato petrolifero inattaccabile e inesorabile, deve subire senza troppi convenevoli gli ordini del mittente, sempre lo stesso, sempre più potente. A scrivere quelle cifre in codice è il “caporale” del petrolio, quello raffinato in benzina verde o gasolio. Le carte via whatsapp le distribuisce come un regista occulto e silenzioso colui che ogni notte detta aumenti e ribassi, che decide le strategie per far saltare il banco e rastrellare guadagni insperati. I fucili sono ovviamente puntati tutti sulla “pompa” quella che eroga il prodotto finito nelle stazioni di servizio. Il gioco è semplice, le compagnie petrolifere stanno dietro le quinte, il benzinaio diventa il front-office, il paravento di un affare miliardario che sfrutta i deboli e macina, nelle alte sfere, guadagni da mille e una notte.

Partita di giro

I governi da almeno due anni si sperticano a stanziare risorse per “attenuare” gli effetti del caro carburanti, nessuno, però, incide realmente sulle cause, su quella mega speculazione che sta segnando più che altrove l’economia di un intero Paese. E del resto benzina e gasolio sono il meccanismo più orizzontale, quello che non risparmia nessuno, dagli agricoltori ai pescatori, dagli artigiani alle imprese di trasporti, tutti colpiti nel cuore delle loro produzioni. Nell’ultima finanziaria dello Stato due terzi degli stanziamenti, oltre 20 miliardi, sono stati destinati a “pagare” bollette e rincari. In realtà quegli stanziamenti, che potevano essere utilizzati per far ripartire l’economia, sono finiti nelle casse di coloro che la speculazione energetico- petrolifera l’hanno ideata, concepita e attuata. Una sorta di partita di giro: soldi ai cittadini e imprese per pagare gli extra-profitti delle grandi multinazionali di Stato, quelle che gestiscono la grande torta del petrolio, della raffinazione, della distribuzione e della produzione energetica. L’illusione è quella di dare i soldi alle famiglie, la sostanza è ben altra: il passamano è fin troppo evidente. Un meccanismo perverso, che sta segnando in modo indelebile l’economia, gravata da un’inflazione direttamente connessa alla grande speculazione energetica. Il tema è delicato. In ballo ci sono i poteri forti, i potenti dell’energia, lobby di Stato e non solo, ammanicate da sempre nei Palazzi che decidono. È certamente più semplice fare i controlli a tappetto sui “benzinai” piuttosto che mettere a soqquadro quella inespugnabile catena energetico-petrolifera che parte dalle estremità dell’Universo sino alle raffinerie italiane e sarde. Meccanismi lontani, sempre coperti da operazioni estero su estero, transazioni consumate in paradisi fiscali, cercando di eludere controlli fiscali e non solo, con signori che si fanno chiamare “trader”, di fatto società impalpabili che comprano e triangolano greggio e gas dal miglior offerente, scavalcando sanzioni e divieti. È lì che si annida la speculazione più cruenta, quella che non si consuma nei centesimi legati ad accise o tasse varie. Il differenziale speculativo è racchiuso tutto tra il costo effettivo del petrolio e il costo di raffinazione, i quantitativi stoccati e la gestione delle scorte. Ora che il mercato russo è ufficialmente fuori gioco per l’Europa, si sono aperti nuovi varchi speculativi proprio perché quel petrolio, quello di Mosca, non arriva più direttamente, ma con triangolazioni, attraverso “trader”, magari sono posizionati in Turchia, dove è lecito comprare petrolio di Putin e rivenderlo come proprio alle porte del Golfo degli Angeli.

Petrolio russo low cost

Dieci mesi fa, in piena guerra di bombe e sanzioni, era il 20 marzo del 2022, in rada tra Villasimius e Capitana, giungeva una petroliera gigantesca, bandiera di Malta. In realtà, però, nonostante le comunicazioni in Borsa che annunciavano lo stop alle compravendite russe, quel petrolio arrivava direttamente da Ust-Luga, la prima porta petrolifera dello Zar di Russia verso la Sardegna. I radar internazionali ce lo segnalarono in ogni suo dettaglio, dalla rotta al quantitativo di greggio, sino al dato shock, quello della quotazione di quel carico di oro nero. La Ryman, la gigantesca petroliera, giunta al cospetto degli alambicchi petroliferi che costeggiano Sarroch, aveva un carico di ben 700.000 barili di petrolio russo. Un quantitativo imponente che dondolerà in mare aperto per venti giorni in seguito ad un meccanismo automatico di priorità di scarico legato al valore del petrolio. In pratica hanno la precedenza di attracco le navi con il petrolio più costoso, per ultime quelle con il valore meno elevato. La nave maltese carica di petrolio russo attenderà in rada sino al 10 aprile. Non appena raggiunge il pontile di Sarroch raccontiamo lo sbarco, pubblicando le cifre del carico: greggio russo per un valore commerciale che, secondo le informazioni forniteci da fidatissimi broker internazionali, sarebbe di 24,5 milioni di euro. I calcoli vengono resi noti dalla nostra inchiesta: il costo del barile sarebbe di 35 euro, a fronte di oltre 100 quotati nel mercato europeo.

35 dollari mai smentiti

La società petrolifera il giorno dopo, puntuale come un orologio svizzero, trasmette una nota di tre righe: «Saras S.p.A ribadisce, facendo seguito a quanto già comunicato lo scorso 14 marzo dal Presidente Massimo Moratti, che non si è più rivolta né ha avviato ulteriori contratti con il mercato russo, limitandosi all'operatività legata a contratti stipulati precedentemente le ultime comunicazioni ufficiali della Società». Nessuna smentita sul prezzo pubblicato dal nostro giornale, di fatto una conferma per quei 35 dollari a barile, rispetto ai 100 dichiarati dal mercato. Un dato che conferma scenari che vanno ben oltre la contesa di queste ultime ore con semplicistici controlli nelle stazioni di servizio. È fin troppo evidente, infatti, che l’oggetto del contendere è tutto blindato nell’analisi degli extra profitti generati e dichiarati anche nelle ultime trimestrali dalle industrie petrolifere ed energetiche. Cifre miliardarie, con un’equazione eloquente: petrolio in realtà acquistato a basso costo, o comunque non alle cifre dichiarate dal mercato, rivenduto, poi, una volta raffinato, a cifre da mercato dell’oro. Altro che benzinai sotto accusa, in ballo ci sono interessi e lobby stratosferiche, dai petrolieri di Stato e non solo sino ai trader internazionali.

Catena di comando

Una catena di comando che ordina i prezzi da imporre al consumatore con una regia precisa e scandita ogni notte in una rete di oltre 20.000 distributori di carburante in tutta Italia. Loro i benzinai diventano i bersagli, le compagnie, invece, ingrassano a piene mani con extraprofitti che sino ad oggi non si è riusciti nemmeno a tassare con un’aliquota minima. I controlli sino ad oggi eseguiti si sono limitati a contestare la mancata comunicazione dei prezzi al Ministero da parte del povero gestore (un fatto più formale che sostanziale) ed un’istruttoria da parte dell’antitrust sul paese di Livigno per ipotesi di cartello da parte delle piccole aziende del luogo. Il sindacato autonomo dei gestori di carburanti, l’Angac, guidato a livello nazionale dal sardo Giuseppe Balia, ieri è stato ancora una volta esplicito: il nuovo Governo sia più diretto e incisivo sulla verità e faccia una volta per sempre chiarezza. La domanda del sindacato è retorica: chi sono tutti gli attori della filiera? Sono solo i piccoli benzinai oppure c’è qualcuno di innominabile?

I potenti dimenticati

La risposta è esplicita: nella catena ci sono compagnie petrolifere, associazioni di categoria, agenzie internazionali (platts) e grossi poteri finanziari. Il quesito finale è disarmante: chi controlla gli enormi profitti delle compagnie petrolifere in un settore chiaramente strategico per il paese? I benzinai autonomi, quelli che si ribellano alle major del petrolio, tracciano l’unica soluzione possibile in tempo di guerra: fissare un prezzo controllato per contrastare una chiara ed esasperata speculazione. I poteri forti, però, non sono d’accordo. Gli extra profitti, nei Palazzi di Roma, tutti li condannano, ma nessuno li vuole fermare.

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