L’unica cupola che si intravvede dall’anonima viuzza dedicata a Gabriele D’Annunzio, nel cuore di San Teodoro, propaggine balneare della Barbagia, è quella della parrocchia dedicata senza troppi fronzoli al santo del paese. Il rampollo siberiano, Artem Uss, prelevato nei giorni scorsi dai servizi segreti di Putin in terra d’Italia, qui aveva la sua residenza fiscale per gli affari russi in Sardegna. Una residenza anomala, visto che la dichiarano persino senza numero civico. Ben altra vista quella che ora il figliol prodigo del governatore siberiano può godere dalla sua dimora russa, nel cuore di Mosca. Un giovane di belle speranze, se non fosse per quella propensione agli affari spericolati in nome e per conto di mamma e soprattutto papà. Nella capitale della Russia guerrafondaia il “fuggiasco” ha residenza e numero civico ben definiti: via Prechistenka 31/16, nella più prestigiosa area metropolitana di Khamovniki, nel cuore di Mosca. Non una casa qualunque. Negli anni ’30 fu costruita per gli agenti di polizia esattamente sul campanile a padiglione più alto di Mosca. Alto rango, vista la storia di quell’appartamento.

La casa di Eltsin

È stato fortunato il giovane rampollo, l’ha ereditato dal padre, Presidente della più potente regione della Siberia, che a sua volta l’ha ricevuto in dote nientemeno che dal Presidente della Russia, Boris Eltsin. Basterebbe questo per comprendere che il proprietario della Costa Dorada, propaggine sud della Costa Smeralda, Artem Uss, classe 1982, non è un figlio di papà qualunque. Dopo la spietata fuga con tanto di braccialetto elettronico dal cuore della Padania, con tanto di crisi Stati Uniti – Italia, ancora ci si interroga sul motivo per il quale Putin in persona ha disposto un’operazione, tanto spavalda quanto precisa, per riportare a casa l’erede di uno degli uomini più vicini al Cremlino. Eppure, in questa storia di arresti e fuga, servizi segreti e affari militari, c’è un dietro le quinte che si ignora o che, volutamente, si fa finta di non vedere. C’è un dettaglio di cui non si parla: mentre Artem Uss e il padre Alexander risultano sotto sanzioni negli Stati Uniti e in Ucraina, in Italia e in Europa potevano, invece, operare senza alcun problema, a piede libero, prima dell’arresto del 17 ottobre scorso quando il rampollo russo veniva “incatenato” nell’aeroporto di Malpensa in esecuzione di un mandato internazionale del distretto giudiziario di New York. Accuse pesantissime: da traffico d’armi e chip informatici per jet e missili, sino al contrabbando di petrolio.

Soldi in Sardegna

Il tema è delicato, la domanda inquietante: perché in Italia potevano liberamente investire e detenere patrimoni miliardari anche di provenienza non sempre lecita? Chi doveva controllare questi investimenti? E soprattutto quei capitali investiti in Italia, e in Sardegna soprattutto, hanno costituito una concorrenza illecita per gli altri operatori economici, sardi e italiani, vista la provenienza da affari e traffici poco chiari o peggio illegali? Per scoprire i meandri finanziari di certi personaggi non bastano le visure camerali in terra di Bel Paese. Qui possono dichiarare una residenza fiscale senza numero civico, affidarsi ad un trust blindato a Cipro e schermare ogni genere di informazioni. Per entrare dentro il sistema sotterraneo degli affari di oligarchi e congiunti devi affidarti ai pochi investigatori madre lingua rimasti in vita, perché la maggior parte vengono fatti fuori, sempre accidentalmente. Chi testimonia, racconta, pubblicamente o a microfoni spenti finisce sempre per sparire. Il volto candido e la chioma canuta del capo della Regione siberiana di Krosnoyarsk, Alexander Uss, padre del proprietario della Costa Dorada di Porto San Paolo, Gallura del sud, non deve trarre in inganno. E non deve nemmeno intenerire quell’atteggiamento da padre provato con il quale in questi giorni si è mostrato a favore di telecamere per raccontare che non sapeva dove si trovava il figlio, ma che voleva ringraziare tutti, amici stranieri e soprattutto il presidente Putin, per averlo fatto ritornare a casa. Dietro quelle facce d’angelo c’è una montagna di affari tenuti sottotraccia per grazia di Putin e non solo.

Il dietro le quinte

Come ha fatto un ragazzotto russo di 34 anni a comprarsi un resort cinque stelle in uno dei prosceni più esclusivi della Sardegna, l’Isola paradiso al centro del Mediterraneo? Come è riuscito ad accumulare tanta fortuna per potersi permettere la “Luxory Sardinia srl” proprietaria di tale patrimonio? Chi c’è dietro la holding registrata a Cipro che detiene patrimoni ovunque, compreso quello sardo? Per scoprirlo non basta sapere che il padre è dal 2017 a capo di una delle regioni più ricche della Russia. E non è un caso che la prima nomina a governatore di Krasnoyarsk l’abbia imposta proprio Vladimir Putin in persona. Da governare c’era un territorio immenso e ricchissimo, quello della Siberia: petrolio, alluminio, oro, e soprattutto legname. Sì, legname, tanto legno pregiato, da tagliare, da radere al suolo, impunemente e senza controllo, da vendere alla Cina e non solo. Qui, in questa terra gelida, le foreste sono un giacimento di rubli, da estrarre a colpi di motoseghe rotanti. I libri di testo parlano delle più grandi oasi forestali al mondo, insieme all’Amazzonia.

Mamma & babbo

Guarda caso una delle società leader di questa montagna di alberi che dalla Siberia si inerpica per il mercato nero del legno è non solo riconducibile alla famiglia del sardo-russo di San Teodoro, ma ha un nome in chiaro, quello di Ludmilla Prokopievna Uss, la mamma del fuggiasco, la moglie del governatore. Tagliano e vendono legno, ma non solo. In questa regione siberiana capita che la “sfortuna” si abbatta su coloro che ricevono in concessione una radura di foresta per l’abbattimento. Non appena il governo forestale assegna un’area, con una precisione millimetrica, poco dopo si scatena un incendio di dimensioni imponenti. Peccato, però, che gli inquirenti e la “Corte dei Conti” ritengano che quegli incendi “calino” dal cielo solo dopo che le foreste sono state rase al suolo dalle motoseghe del regime. Il mercato nero si consuma tra lame rotanti e fuoco devastante, capace di far sparire ogni prova.

Taglio e incendi

Non sarebbe un caso, secondo la Corte russa, che nel territorio di Krasnoyarsk nel 2019 e nel 2020, gli incendi si siano moltiplicati a dismisura. Nella relazione della verifica contabile, contestata da dossieraggi contrari del regime, risulterebbe che la società KLM-ECO, fondata da Artyom Uss con un capitale sociale di 10mila rubli, detenuta dalla madre e moglie del governatore, riceva proventi delle vendite per 1 miliardo 780 milioni, oltre 20 milioni di euro. Utile netto dichiarato poco più di un milione di euro. La risposta dei revisori è esplicita: si tratta di somme enormi che vanno all'economia sommersa. Il fatturato di KLM KO, la società della famiglia del sardo-russo di San Teodoro, supera oggi 1,5 miliardi di rubli all'anno. C’è un dettaglio di non poco conto in questa storia: per quasi 20 anni, l'azienda è stata gestita da Andrey Karpov, che di Alexander Uss, il padre dell’evaso, è stato consigliere e capo del quartier generale della sua campagna elettorale. Secondo gli atti contabili risultava lui il principale proprietario dell'azienda forestale. Un quarto dell'impresa era intestata proprio alla moglie del governatore, Lyudmila Prokopievna, le quote restanti erano tutte nascoste in un trust, il Bering Capital Partners Company Ltd, registrato nelle Isole Cayman, nei Caraibi. Artem Uss, però, sempre il giovanotto di Costa Dorada, non si faceva mancare niente: era lui, infatti, a dirigere l'ufficio di rappresentanza di Mosca della stessa società. Lo scandalo scoppia quando, nel settembre 2020, arrestano per tangenti l'ex ministro della forestazione del territorio di Krasnoyarsk. Karpov, il braccio societario della holding del legno della famiglia Uss, in quell’occasione confessa: parte della società era registrata a nome della moglie del governatore. La seconda parte – il trust straniero di Artem Uss, quello dei Caraibi – era stato progettato da lui stesso. Poco tempo fa, a gennaio del 2021, improvvisamente, il testimone scomodo, però, muore.

Siberia & Gallura

Di certo l’avvento della famiglia Uss al governo della Regione siberiana non ha portato bene alle foreste più grandi del mondo. Nel 2018 è stato esportato legno per 48 miliardi di rubli, 548 milioni di euro, nel bilancio regionale della regione sono finiti appena 17 milioni di euro. Gli ispettori forestali, dall’anno dell’insediamento del governo del padre dell’oligarca in salsa sardo-russa, hanno rivelato che nella regione siberiana sono stati bruciati 1,6 milioni di ettari, un terzo in più rispetto al 2017. Nel 2019 sono stati tagliati oltre 2 milioni di metri cubi di legno con la sola scusa di tagli sanitari, montagne di alberi dichiarati malati. Il rampollo di casa siberiana, però, si è preso il sicuro: Artem Uss, ha miracolosamente ricevuto una quota di una società offshore cipriota da un miliardo di dollari che estrae carbone. Di punto in bianco il magnate del resort sardo è diventato anche il proprietario del 38,7% della società Sibugol, dedita all’estrazione e alla vendita di lignite dal bacino carbonifero nel territorio di Krasnoyarsk. Dall’esportazione americana dei microchip per missili e jet da guerra agli affari del carbone, dalla distruzione della foresta siberiana al commercio nero del legno, al rampollo di San Teodoro, non sono mancati i soldi per gli investimenti in terra sarda. Tutti denari, però, la cui provenienza non è quella del produttore di aria fresca o di sogni incantati. Sugli affari degli amici di Vladimir Putin in terra sarda, infatti, pesa come un macigno anche la fine del polmone verde della foresta siberiana. Un filo “russo” sempre più inquietante tra Mosca e l’Isola dei Nuraghi.

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