Settimo: non era andata via ''L'ho uccisa io col piccone''
Non era scappata: l'ha uccisa il marito, che poi ha confessato il delitto. ''L'ho colpita con un piccone e poi sepolta nell'orto'', ha detto Pietro Cambedda, 62 anni. La vittima, Elisabetta Bruno, era furibonda con l'uomo: la sua matrigna aveva una relazione clandestina con l'assassinoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Una denuncia di scomparsa e tre appelli su televisioni e giornali il 24 e 30 aprile e il 5 maggio scorsi: ''Elisabetta torna a casa, siamo preoccupati'', aveva detto il marito. Ma Elisabetta Bruno, di Settimo, 43 anni, non poteva ascoltare le richieste dei familiari: massacrata da tre picconate alla testa, era stata sepolta in una fossa scavata in un terreno alla periferia del paese. L'omicidio risale al 20 aprile, giorno della scomparsa della donna, ma il cadavere è stato trovato solo la notte tra martedì e ieri dai vigili del fuoco e dai carabinieri, che poco prima avevano fermato l'assassino: Pietro Cambedda, 62 anni, marito della vittima, ora richiuso nel carcere di Buoncammino con l'accusa di omicidio volontario aggravato. L'uomo ha confessato il delitto dopo sette ore di interrogatorio davanti ai militari di Sinnai che, con i colleghi di Quartu e quelli del nucleo di polizia giudiziaria, avevano puntato gli occhi su di lui fin dall'inizio.
I LITIGI La donna è stata ammazzata al termine dell'ennesimo litigio col coniuge, scoppiato - come tutti quelli dei mesi precedenti - per la presenza di un'amante nella vita del marito. Pietro Cambedda da qualche tempo aveva instaurato una relazione extraconiugale con Rosalba Canu, 54 anni, matrigna di Elisabetta Bruno e con la quale Giovanni Bruno (padre della vittima e morto per infarto lo scorso 18 maggio) si era risposato una volta rimasto vedovo. La tresca aveva avvelenato i rapporti familiari, e non poche volte i tre figli della coppia (due maggiorenni e un minorenne) avevano assistito a pesanti scambi di vedute tra i genitori. Spesso Cambedda riceveva messaggi via cellulare dall'amante e allora si spostava di stanza, ma la moglie lo seguiva e i due litigavano.
L'OMICIDIO L'ultimo episodio risale alla sera del 20 aprile: identica la scena, tragica la conclusione. Dopo la sfuriata reciproca, marito e moglie - stando alla ricostruzione resa ieri in conferenza stampa dai carabinieri - vanno insieme in un discount alla periferia di Settimo e, subito dopo, si dirigono verso un terreno di loro proprietà al confine con Sinnai. Qui Cambedda spiega alla moglie che, anche se “chiacchierata”, l'amante le piace. La frase scatena l'ira di Elisabetta Bruno, che salta addosso all'uomo con tutto il peso dei suoi 110 chili e lo afferra per il collo. Questi si libera e la colpisce con un piccone. Un primo colpo laterale, poi altri due frontali in sequenza: la donna stramazza al suolo. Il marito mantiene la lucidità necessaria a scavare una fossa, metterci dentro il cadavere della consorte e il suo maglione sporco di sangue, portare il piccone a casa dopo averlo lavato e girovagare ore per poter dire, poi, di essere andato in cerca della moglie.
L'ALIBI Ma il suo alibi vacilla da subito. I carabinieri (al comando del colonnello Gavino Asquer, del maggiore della Compagnia di Quartu, Alfredo Saviano e del comandante della stazione di Sinnai, Stefano Locci) sanno che quella notte Cambedda non è mai andato a Cagliari ma è rimasto sempre a Settimo: risulta dalle celle telefoniche alle quali era agganciato il suo cellulare. E non era vero che la donna quel giorno si era spostata da sola, perché alcuni testimoni li avevano visti insieme poco prima del delitto.
LA CONFESSIONE L'uomo viene convocato nuovamente in caserma martedì pomeriggio. Sono le 15,30: alle 22,30 confessa, a mezzanotte viene trovato il corpo. Ieri in carcere il colloquio col pm Maria Virginia Boi davanti all'avvocato difensore Massimiliano Dessalvi. Ora si attendono gli esiti dell'autopsia, ma il cerchio intorno a Cambedda si è chiuso. Resta da valutare invece il comportamento dell'amante, Rosalba Canu: al momento è indagata per favoreggiamento (la donna, difesa dal legale Carlo Monaldi, sapeva tutto ma ha coperto il compagno).
Andrea Manunza