Dagli annunci eolici alla “guerra” in mare il passo è breve. Giusto il tempo di un annuncio scandito a suon di megafono nel silenzio di quello specchio acqueo davanti all’oasi esclusiva di Capo Caccia, la punta avanzata della Riviera del Corallo. La voce è perentoria, via radio e non solo. Luci lampeggianti riflesse su quella distesa turchese che si staglia all’orizzonte di quella costa sinuosa inerpicata sui tornanti tra Alghero e Bosa. Per i pescatori e natanti è vietato avvicinarsi. Indietro tutta, per chi si azzarda a compiere il gesto quotidiano di attraversare quel tratto di mare, o chi, per la prima volta, aveva deciso di esplorare le vestigia della natura, quelle dei delfini e dell’esclusiva grotta del Bue Marino.

Gendarmi del mare – I nuovi gendarmi del mare, quelli che da giorni occupano quel tratto di costa, battono la bandiera sconosciuta di Palau. Niente a che vedere con la riva opposta di La Maddalena. Quella nave senza stellette, schierata in “guerra” contro il mare sardo, è giunta sin qui direttamente dall’altra parte del mondo, esattamente dalla Repubblica di Palau, Stato insulare nell'Oceano Pacifico, a 500 km ad est delle Filippine. Uno scoglio in mezzo al mare con appena ventimila abitanti, il tanto giusto per avere una nave capace di scandagliare in lungo e in largo le coste esclusive della Sardegna nord occidentale. Il muso di questa imbarcazione è inquietante, ma non quanto le attrezzature che riserva nella stiva, verso poppa.

Altolà – Se non fosse stato per quell’altolà scandito la notte scorsa ai pescatori di Alghero, anche quest’ennesimo sopruso sarebbe passato sotto silenzio. Invece, ora che i tracciati radar restituiscono la rotta ondivaga di questa nave, tutto è più chiaro. I signori del vento, giunti dall’altra parte del mondo, hanno deciso di mettere sotto attacco il mare dell’Isola, quasi che il tempo delle carte burocratiche fosse finito. È giunto, per i predatori del vento sardo, il tempo di misurare profondità, latitudini e orografia del fondale marino, quello da devastare a suon di ciclopiche pale eoliche da piazzare senza pudore proprio lì a due passi dallo scenario illibato del Santuario dei Cetacei.

Denar Explorer – A svelare quello che sta combinando in mezzo al mare la “Denar Explorer” sono i radar satellitari che da tre giorni e tre notti registrano quel noioso sali e scendi, da Alghero verso Bosa e viceversa, e poi dalla costa verso la linea di confine delle acque territoriali. I tracciati radar che pubblichiamo sono molto più di una confessione. A scandire la missione di questa nave venuta da lontano c’è un carteggio che si inerpica da settimane negli uffici statali e regionali, nelle capitanerie di porto e nelle stanze della Marina Militare. Ci provavano da marzo a battere a tappeto la Riviera del Corallo, da Capo Caccia sino alla foce del Temo, a Bosa, ma non avevano tutte le carte in regola.

Flipper autorizzativo – Il flipper autorizzativo è andato avanti con il ritmo incessante di un martello pneumatico. Per tentare di scoprire mandanti e finanziatori di questa operazione tenuta sotto copertura bisogna “scardinare” gli uffici della Guardia Costiera di Alghero. È lì che il 23 marzo scorso giunge inattesa l’istanza di una società apparentemente romana, dal nome multidisciplinare, la “Poliservizi”. Non dichiarano subito le ragioni per le quali chiedono di poter scandagliare da cima a fondo quel tratto di mare, ma non ci vuole molto per scoprirlo.

Wind farm Sardegna – Nelle carte spunta il core business dello sbarco nel mare sardo: in nome e per conto della «società “Aalea” si chiede l’autorizzazione per un’attività di indagine morfo-batimetrica ed ambientale - mediante l’impiego delle motonavi “Denar Explorer” e “Orca II” - nell’ambito del progetto denominato “Wind Farm Sardegna” relativo alla costruzione di un parco eolico offshore nel nord ovest della Sardegna».

Carteggi d’alto mare – Spuntano carteggi autorizzativi senza fine, dall’Istituto Idrografico della Marina al via libera persino della Regione sarda, che, senza colpo ferire, da una parte contesta a parole la calata eolica e dall’altra concede, protocollo n. 14999 del sei aprile scorso, Assessorato degli Enti Locali, Finanze e Urbanistica il nulla osta per scandagliare quel tratto di mare così sensibile, con l’intento di aggredirlo a colpi di gigantesche pale eoliche. Misteri dei tempi e non solo. Quelli più accorti ci tentano a mettere i paletti alla “Denar Explorer”, sino a “costringere” la società al ritiro della seconda nave, ma l’incognita che trasuda dalle carte è eloquente.

Stato di pericolo – Che tipo di indagini di profondità devono essere fatte? Che tipo di prospezioni geologiche si vogliono mettere in campo? Gli accorgimenti di sicurezza che la Guardia Costiera mette nero su bianco non sono quelli per misurare una boa in mezzo al mare. Scrive l’Ufficio circondariale marittimo di Alghero: «fino al termine delle indagini morfo-batimetriche, durante le operazioni è fatto divieto alle unità in genere di navigare o sostare entro un raggio di metri 400 (quattrocento) dalla nave “Denar Explorer che deve essere considerata “Nave con difficoltà di manovra”». Gli uomini della Capitaneria circoscrivono la rotta della nave oceanica in quattro punti, ma il tracciato registrato dai radar appare più ampio. Di certo le raccomandazioni per chi è in zona non sono rassicuranti: «il Comandante della nave ha l’obbligo di esporre i previsti segnali diurni e i fanali distintivi notturni, il personale della società, prima di intraprendere qualsivoglia attività, dovrà accertare che lo specchio acqueo interessato dai rilievi sia sgombero dalla presenza di unità in movimento».

La notte tormentata – I pescatori che si sono imbattuti sull’imbarcazione giurano di aver registrato boati in sequenza, quasi a segnalare che là in mezzo al mare le perlustrazioni dei fondali potevano essere fatte con gli air gun, le “bombe” sismiche, quelle capaci di produrre imponenti “rifrazioni” nel sottosuolo marino attraverso l’intensità del riverbero generato da rilevanti “esplosioni” d’aria. Se si trattasse di una semplice perlustrazione del fondale sarebbero difficili da spiegare le prescrizioni messe nero su bianco: «durante le attività devono essere adottati tutti gli accorgimenti necessari affinché il transito di navi e natanti nella zona di mare interessata dai lavori avvenga in condizioni di massima sicurezza. Il personale operante, dovrà prestare particolare attenzione ad eventuali unità che dovessero avvicinarsi alla zona dei rilievi, provvedendo, se del caso, ad emettere appositi segnali ottico-acustici per attrarne l’attenzione ed invitarle ad allontanarsi».

Allerta sicurezza - Ma non è finita: «Tutte le unità in navigazione nei pressi dello specchio acqueo impegnato nell’attività dovranno mantenersi ad una distanza di sicurezza dalla stessa prestando massima attenzione alle eventuali segnalazioni ottico acustiche che il personale preposto ai lavori dovesse loro rivolgere, oltre che procedere con la massima consentita cautela (velocità non superiore a 3 nodi)». Ultima annotazione. Il progetto “Wind Farm Sardegna” richiamato nell’autorizzazione per questa “missione” eolica in mare ricade totalmente nell’area del progetto svelato lo scorso agosto dal nostro giornale, quello degli svedesi di Hexicon A.B. Il piano di invasione è chiaro: 54 pale eoliche a doppia inclinazione, alte 332 metri, potenza 25 megawatt l’una, con superficie a mare da occupare pari a 38 mila campi di calcio. Lo sfregio di Capo Caccia è dietro l’angolo. 

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