Rinnovabili nei terreni a uso civico, la Regione batte il Governo davanti alla Corte costituzionale
La Consulta respinge il ricorso di Palazzo Chigi contro la legge sarda difesa dall’Ufficio legale di Viale Trento: legittimo richiedere il parere dei Comuni sulla scelta delle aree per gli impiantiEolico e usi civici, la Regione vince contro il Governo davanti alla Corte costituzionale. In parte perché fuori fuoco e in altra perché infondato, la Consulta ha respinto il ricorso presentato da Palazzo Chigi contro la legge sarda del 23 ottobre 2023 che contiene “Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie”. Tra queste, la modifica della normativa sui terreni gravati da usi civici, con la previsione del “Mutamento di destinazione in caso di installazione di impianti di energie rinnovabili”.
La normativa approvata a Cagliari prevede che «per l'installazione di impianti di produzione di energie rinnovabili è obbligatorio richiedere
il parere del Comune in cui insistono le aree individuate, il quale si esprime, con delibera del Consiglio comunale a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, entro venti giorni, decorsi i quali se ne prescinde».
Secondo il Governo la legge «disciplinerebbe una procedura semplificata per il mutamento di destinazione dei terreni gravati da uso civico nel caso di installazione di impianti per la produzione di energie rinnovabili» così violando la Costituzione «per invasione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”».
Secondo l’Avvocatura dello Stato la legislazione vigente ricomprende le terre gravate da usi civici tra quelle inidonee alla realizzazione di impianti per la produzione delle energie rinnovabili. Questo, è la sottolineatura, succede in attesa dell’approvazione del decreto sulle aree idonee (in discussione in queste ore).
Ma è proprio questo il punto debole della ricostruzione degli avvocati del Governo, secondo i giudici della Consulta, che hanno accolto le argomentazioni dell’Ufficio legale della Regione, guidato da Mattia Pani, portate in opposizione a quelle degli omologhi dello Stato.
La Suprema Corte ha ritenuto l’eccezione non fondata «poiché lo stesso decreto legislativo del 2021», richiamato dal Governo, «non comporta di per sé l'assoluta inidoneità delle zone gravate da usi civici all'installazione degli impianti, né comporta il divieto di mutarne la destinazione in conformità al regime degli usi civici».
Con la stessa sentenza, ancora accogliendo le argomentazioni degli avvocati della Regione, la Corte ha dichiarato non fondate anche le questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni regionali che prevedono l'istituzione e la composizione di un «tavolo tecnico interassessoriale» per la riforma dell'intera materia degli usi civici in Sardegna, «poiché tale riforma dovrebbe limitarsi alla disciplina delle funzioni regionali in materia».
Infine, sono state dichiarate non fondate anche le questioni di legittimità costituzionale delle disposizioni regionali in tema di autorizzazione alla prosecuzione dell'esercizio degli sbarramenti idrici rientranti nella competenza della Regione, poiché tali disposizioni non consentono di regolarizzare abusi paesaggistici.
Enrico Fresu