Quella lettera sarda nel cuore di Francesco
Il Papa stringe la lettera al petto, il ragazzo operato al Bambin Gesù per un tumore nel giorno del compleanno di Bergoglio
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Junno Arocho Esteves è riservato come si addice al corrispondente di una delle più potenti agenzie di stampa dentro le mura vaticane. E’ l’alba di domenica mattina quando, sulle orme di Francesco, il Papa venuto dall’altra parte del mondo, sale a bordo del volo di Stato diretto nell’Europa dell’est, quella più sofferente e difficile. La missione ai tempi di Covid è verso Budapest, prima tappa del viaggio evangelico di Jorge Mario Bergoglio in terra d’Ungheria, sulle rive del Danubio. Sul volo papale Arocho Esteves è salito tante volte. Ogni volta un viaggio da raccontare, il più delle volte in mète sconfinate, sempre al seguito del Santo Padre. Lui, inviato nello Stato del Vaticano, è il delegato in Italia per la potentissima Catholic News Service, l’agenzia di stampa americana di proprietà nientepopodimeno che della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti. Un viaggio ad alta quota che per lui non sarà come gli altri. Gli spetta una missione riservata, intima, silenziosa e carica di speranza.
Le vie sarde del cielo
Le vie traverse dell’Isola di Sardegna sono riuscite a fargli giungere tra le mani una lettera carica di speranza, con l’ardito obiettivo di scavalcare le poste italiane e quelle vaticane per recapitarla direttamente tra le mani di Francesco. L’appuntamento è all’aeroporto di Roma alle sei del mattino. Il volo è uno degli ultimi con la livrea Alitalia, prima dell’avvento di Ita. Il candido bianco della veste papale varca la cabina quando i pochi eletti ammessi al volo hanno già preso posto sull’Az4000, codice esclusivo dell’Airbus 330 destinato ai viaggi del Santo Padre nel mondo. Junno Arocho Esteves è tra i pochi con il badge per entrare nella cabina di viaggio verso la terra dalle mille contraddizioni. Con sé, Junno, ha quella busta celeste che racchiude il biblico messaggio di speranza e preghiera che una giovane madre sarda di Cagliari ha deciso di rivolgere al Papa.
Da Cagliari a Santa Marta
Da Cagliari a Santa Marta, residenza di Jorge Bergoglio, la partita non è semplice. C’è il controllo della segreteria di Stato e le tante mani che si frappongono, dall’attraversata del Tirreno sino all’altra sponda del Tevere. La consegna non sarebbe mai stata possibile, tantomeno sicura. Il “giornalista messaggero” sa perfettamente che si tratta di frazioni di secondi, da cogliere in qualsiasi momento utile, anche a 8.000 metri di quota, magari quando l’hostess sta avvisando di raggiungere i propri posti per l’atterraggio. Quando la tunica papale sta varcando le ultime file per i saluti degli inviati a bordo lo sguardo dell’Uomo in bianco si incrocia con quello di Junno, il giornalista dei vescovi americani. Le mani di Bergoglio si distendono, una protesa a ricevere il manoscritto e l’altra per confortare quella emozionata del corrispondente americano. Juanno fa giusto in tempo a raccontargli di quella lettera che Simona, una giovane madre di Cagliari, terra di Sardegna, gli ha voluto scrivere per invocare una preghiera per Claudio, il suo giovane figlio colpito da una malattia neoplastica e un ringraziamento per le cure che riceve al Bambin Gesù. Lui, il postino volante a stelle e strisce, non era la prima volta che si rivolgeva al Santo Padre, ma la scena che gli si è presentata davanti è stata tanto fulminea quanto profonda.
Occhi chiusi
La racconta Junno: «Francesco, con la busta della lettera in mano, ha chiuso gli occhi in segno di profondo raccoglimento, rafforzando ulteriormente quel suo sentimento di profonda vicinanza portandosi al cuore quella busta celeste con dentro le parole toccanti di Simona, una donna profondamente umile, persino imbarazzata a disturbare il Santo Padre per un caso personale». Francesco tiene stretta la lettera: «Sono stati attimi infiniti – racconta Junno. Ho percepito una carica emotiva straordinaria del Santo Padre in quel suo gesto di portare al cuore quella lettera della mamma sarda». Una missiva con una storia carica di simboli ed emozioni. La racconta la stessa Simona, madre di Claudio, il giovanissimo ragazzo a cui i medici dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma hanno riscontrato un tumore alle vertebre. La prima operazione viene decisa quando Claudio ha appena 13 anni. L’operazione è delicata, il reparto è quello di neurochirurgia. L’équipe è guidata dal responsabile del Reparto, Carlo Efisio Marras, manco a dirlo luminare di Sardegna. E’ il 17 dicembre del 2014. L’intervento è complesso, i chirurghi devono recidere un tumore, che si spera benigno, di ben dieci centimetri, in uno dei punti più delicati del corpo umano, la colonna vertebrale. Il risveglio post operatorio è con vista su San Pietro. Altro simbolo della storia: sulla Cappella Sistina sventolano le bandiere di festa per il compleanno di Francesco. Il tumore è benigno. Dopo sei anni, però, il male si riaffaccia, con un nuovo intervento, sempre al Bambin Gesù. Claudio, il ragazzo, però, cresce, matura ed è sempre più consapevole della malattia. L’équipe del professor Marras compie l’ennesimo miracolo, intervento riuscito.
Non disturbiamo il Papa
Quando nei giorni scorsi Simona sa che potrà scrivere al Santo Padre, il giovane Claudio è restio: «Non possiamo disturbare il Papa per me». Il suo pensiero è rivolto a quei suoi coetanei che ha incontrato nelle corsie del nosocomio romano:«Ci sono persone che stanno soffrendo più di me». La madre coglie il messaggio del figlio, ma non rinuncia alla lettera a Francesco: «Nella vita bisogna sempre ringraziare e avere fede, con un occhio di riguardo e una preghiera verso chi soffre più di noi». Junno, il giornalista americano, postino volante della speranza, che di testimonianze di fede ne ha registrato infinite al fianco del Santo Padre, non lo nasconde:«Il gesto di commozione di Francesco mi ha toccato profondamente. E’ stato quel suo chiudere gli occhi con quella lettera stretta al cuore che mi ha commosso». Una speranza sarda tra le mani di Francesco, il Papa venuto da molto lontano.
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