«Da mesi, evidentemente in assenza di argomentazioni valide, qualcuno continua a insinuare che l’autovelox della 131 Dir sia irregolare. Io, che sono come San Tommaso e ogni tanto trovo il tempo di  indossare i miei panni da ingegnere, mi sono preso la briga di andare a misurare personalmente la distanza tra il cartello e il rilevatore di velocità». Lo scrive il sindaco di Selargius Gigi Concu nella sua pagina Facebook, che aggiunge: «E udite udite: ci sono poco più di mille e tredici metri, testimoniati dalle rilevazioni effettuate con strumentazioni di altissima precisione (l’eSurvey E300 pro) che hanno confermato non solo che la distanza minima è ampiamente rispettata, ma persino superata».

Un sopralluogo a pochi giorni dalla discussione in Consiglio comunale della mozione presentata dalla minoranza che, dopo oltre 200 sentenze di condanna per il Comune, aveva chiesto di spegnere temporaneamente l’autovelox al centro delle polemiche per eliminare le irregolarità rilevate dai giudici di Pace. Di fatto il motivo di condanna è sempre lo stesso: la distanza fra il primo cartello di avviso che indica il limite di 80 chilometri orari e lo stesso autovelox, inferiore - dicono le sentenze - ad un chilometro.

Un dato diverso rispetto a quello rilevato dal sindaco sul posto. «Non lo dico io, ma i numeri - quelli oggettivi e incontrovertibili -, a differenza delle parole che ultimamente alimentano polemiche sterili e strumentali che credo facciano perdere tempo a tutti», aggiunge Concu.

«Tra l’altro lo scopo dell’autovelox è garantire la sicurezza degli automobilisti, attraverso il rispetto dei limiti di velocità ed evitare tragedie in una strada dove in troppi abusano dell’acceleratore. Contestarlo, chiedendone la rimozione o lo spegnimento, equivale a ritornare ai pericoli del passato, insinuando inutili dubbi nei cittadini incitati a presentare ricorso», dice, e conclude: «Detto questo, ricorreremo in appello ogni qual volta sarà necessario, continuando a dimostrare con i fatti che le bugie non fanno fare bella figura e sono controproducenti per chi le dice e per chi ci crede».

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