Ha lasciato Ust-Luga, la prima porta petrolifera russa verso l’Occidente, quando le 16.00, ora di Sarroch, erano scoccate da sette minuti. È il sette marzo scorso, nell’anno dell’invasione russa, quando la Ryman, gigantesca petroliera battente bandiera maltese, lascia le banchine petrolifere del porto russo, per immettersi nel Golfo di Finlandia. Da San Pietroburgo, casa di Vladimir Putin, quella baia artificiale dista appena cento chilometri. È lui, lo Zar di Russia, che l’ha voluta a tutti i costi per trasformarla da costa fangosa e desertica in cento ettari di moderni ormeggi, binari ferroviari e uno dei più efficienti Terminal petroliferi dell’intera Russia.

La porta per l’Occidente

L’obiettivo era sin dagli albori chiaro: sfruttare quell’approdo come posizione strategica sul Mar Baltico. Del resto in ogni guerra c’è un versante dove si muore e l’altro dove si fanno affari. La guerra dell’energia, del petrolio, del gas e del carbone si combatte, per adesso, solo a parole, minacce e tentativi, sino ad ora utopistici, di affrancarsi dalle fonti primarie in mano al Cremlino. In quel versante gli intrecci, anche societari, però, sono un fardello segreto e pesante, che costituisce il vero e delicato rebus di questa escalation senza fine. In questa partita la Sardegna, da sempre al centro del mercato mondiale del petrolio, è da una parte succube e dall’altra protagonista, con una delle più grandi raffinerie nel Mediterraneo, quella della Saras, piazzata nel cuore del Golfo degli Angeli.

700.000 barili

Quando la Ryman, il colosso dei mari carico di ben 700.000 barili di petrolio russo, ha cominciato a costeggiare la costa del sud dell’Isola era il 20 marzo scorso. Tredici giorni di mare aperto con un bastimento di petrolio dal valore milionario, tutto destinato agli alambicchi della raffineria dei Moratti. Quando arriva in rada il conflitto tra Russia e Ucraina è nella fase più delicata dell’assalto alla capitale di Kiev. La gigantesca nave avrebbe avuto fretta di scaricare, ma il vento ha rallentato lo scaricamento del petrolio giunto dal resto del mondo. Davanti alla Ryman ci sono non meno di 15 petroliere, tutte in fila per scaricare petrolio e caricare carburanti. La nave russa, però, viene prima posizionata vicino a Villasimius, come a stare lontana dall’attesa nel Golfo, ma la mimetizzazione non funziona e a quel punto dopo nemmeno 24 ore viene dislocata nel mare magnum di petroliere in rada, sul versante estremo sud, quello di Perd’e Sali. Ci resterà a lungo, sino a ieri mattina, quando, dopo la bellezza di 20 giorni, trascorsi a dondolare sotto il maestrale in mare aperto, viene autorizzato l’attracco nel pontile dello scarico. La prendono in consegna Vincenzino, Carlotta e Achille Onorato, i tre rimorchiatori dedicati all’innesto della nave nel sistema della Saras. In tempi di pace l’attracco di una petroliera russa nel Golfo degli Angeli non sarebbe una notizia, ma a renderla tale ci sono elementi che rischiano di avere ripercussioni rilevanti nella governance petrolifera non solo della Saras. Il primo elemento è legato alle comunicazioni rese alla Borsa il 14 marzo scorso dal numero uno della società di Sarroch, Massimo Moratti il quale dichiarava: "C’è una diffusa riluttanza da parte di molti Paesi occidentali a far ricorso ad esportazioni russe. Noi stessi per il momento abbiamo scelto, con sacrifici importanti, di non rivolgerci più a tale mercato”. La realtà è un’altra, a partire dallo sbarco di ieri per una petroliera stracarica di greggio russo per un valore commerciale che, secondo i broker internazionali, sarebbe di 24,5 milioni di euro. I calcoli sarebbero presto fatti: il costo del barile sarebbe di 35 euro, a fronte di oltre 100 quotati nel mercato europeo. Un dato per il quale sarebbe auspicabile una conferma o una smentita dalla stessa Saras, per confrontare gli elementi che arrivano direttamente dal circuito commerciale. È chiaro che se tale costo fosse confermato, si aprirebbe un ulteriore versante relativo all’analisi degli extra profitto generati e dichiarati anche nelle ultime trimestrali dalle industrie petrolifere.

Il filo russo

C’è un ulteriore elemento che rimbalza sullo scenario internazionale e delle borse. Non è sfuggito agli scommettitori finanziari lo sbarco nell’azionariato della Saras di un trader mondiale, Trafigura, che di colpo è passata dall’1% al 3,01% delle azioni del gruppo Moratti. Un balzo in avanti che, secondo la Reuters, una delle più autorevoli agenzie di stampa finanziaria al mondo, ha fatto volare le azioni della Saras, con una crescita esponenziale a due cifre. Ed è la stessa Trafigura, azionista della raffineria di Sarroch, ad aver acquistato nel 2020 una partecipazione del 10% in Vostok Oil, un vasto progetto controllato direttamente dal colosso russo Rosfenet. Un piano strategico con il quale si pensava di collocare nel mercato occidentale, attraverso il Mar Nero, la bellezza di 30 milioni di tonnellate di petrolio entro il 2024. Un filo rosso tra la Russia e Sarroch tutto da scoprire.

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