Gli studenti dell’Istituto Primo Levi di Quartu Sant’Elena hanno trasformato le loro riflessioni sul tema del femminicidio in una mostra negli spazi della scuola. Un contributo concreto di analisi e approfondimento per non dimenticare un fenomeno tragico che investe anche la Sardegna dove negli ultimi cinque anni i casi di femminicidio sono stati 18.

I giovani, con il sostegno dei docenti, hanno attuato il progetto didattico soprattutto al fine di sensibilizzare i loro coetanei. Nelle due sedi del Commerciale e del Tecnologico è stata allestita un’installazione  con testi che ripropongono il racconto delle vittime. Gli scritti sono stati elaborati dagli studenti prendendo spunto da articoli di cronaca selezionati dagli insegnanti e poi letti in classe.

Nell’allestimento anche le conseguenze degli intollerabili soprusi che vengono commessi con foto di parti del corpo (labbra, mani, occhi) tumefatte e le scarpe rosse, simbolo della violenza di genere. Uno spazio viene riservato all’iniziativa “Come eri vestita?”, domanda inaccettabile,  ma purtroppo ricorrente, come se l’abito indossato possa costituire il pretesto per commettere le violenze. Gli studenti hanno realizzato video-interviste ad altri giovani che hanno risposto al quesito “Che cosa è la violenza per te?”.  

Alcuni oggetti parte dell'allestimento (foto Rais)
Alcuni oggetti parte dell'allestimento (foto Rais)
Alcuni oggetti parte dell'allestimento (foto Rais)

Nella scuola, in occasione dell’inaugurazione, sono stati letti alcuni monologhi di Silvia Plath e di Rula Jabreal. Un altro prezioso momento di discussione. “Vivere significa partecipare e non essere indifferenti a quello che succede",  scriveva Antonio Gramsci su La città futura l’11 febbraio 1917. Un testo molto attuale, come hanno dimostrato le ragazze e i ragazzi dell’Istituto Levi.

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