C’è anche una pescheria di un grande market cittadino fra i locali finiti sotto la lente della procura: sui banchi frigo della rivendita sarebbero finiti anche pesci e mitili di dubbia provenienza. Si allarga l’inchiesta sulla vendita e l’impiego nell’attività ristorazione di prodotti ittici non tracciati, culminata nei giorni scorsi con gli avvisi di garanzia al titolare di un ristorante di Oristano, di un ristorante-pizzeria di Torregrande, una pizzeria di Cabras e un ristorante di Baratili San Pietro. Disposto infine il sequestro di oltre duecento chili di alimenti pronti a essere serviti in tavola anche se in cattivo stato di conservazione o addirittura già scaduti.

La polizia in collaborazione con la capitaneria di porto e il dipartimento di igiene e prevenzione sanitaria dell’Asl di Oristano durante i controlli e le perquisizioni ha passato la setaccio anche la rivendita di pesce, all’interno di un supermercato. E sarebbero state riscontrate irregolarità e anomalie; al momento il titolare non risulta fra gli indagati ma gli accertamenti sono in corso.

L’indagine era scattata circa un anno fa dopo che, all’indomani di un vertice in prefettura sui problemi legati alla pesca di frodo, erano stati potenziati i controlli. Durante uno di quei servizi la squadra acque interne della polizia sorprese due pescatori con una consistente quantità di cozze, appena sottratte dallo stabulario della società Nieddittas. I due furono arrestati mentre altri due complici riuscirono a fuggire a bordo di un gommone, furono poi aiutati a fare perdere le proprie tracce dalle rispettive fidanzate.

Gli uomini della squadra mobile (coordinati dal vice questore aggiunto Samuele Cabizzosu) però non tardarono a identificarli e l’inchiesta andò avanti. Così dall’esame dei telefonini e da varie intercettazioni erano emersi i contatti frequenti con clienti privati e soprattutto con alcuni ristoratori: si accordavano sui prezzi (sempre bassissimi) e settimanalmente, i pescatori rifornivano le attività con orate, spigole, cozze, ricci di mare e cannolicchi. Un sistema collaudato che andava avanti da tempo, dribblando tutte le norme su tracciabilità, certificati di provenienza e persino le elementari norme igieniche.

I quattro indagati (tre sono assistiti dall’avvocato Gianfranco Siuni) respingono le contestazioni e aspettano di conoscere gli atti per poter chiarire meglio la propria posizione davanti alla magistratura.

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