Luigi Patronaggio, Procuratore Generale di Cagliari, le parole non le pronuncia, le soppesa. Una per una. Usa il bisturi, ma l’effetto è quello di una scimitarra. Sarà la dura trincea, quella della mafia autentica, vissuta in quella Sicilia colpita mortalmente da stragi e malavita organizzata, sarà l’esperienza di doversi muovere sottotraccia per non concedere vantaggi al nemico da combattere, fatto sta che quando scandisce un pensiero scolpisce fenomeni e numeri che non lasciano scampo: il concentrato di investimenti degli oligarchi di Putin in Sardegna è un fenomeno allarmante e nel contempo sottovalutato.

Falcone e Borsellino

Lui, l’amico dell’ultim’ora di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i meandri della criminalità organizzata, di quella mafia capace di far girare affari e denari in mezzo mondo, li conosce nel suo aspetto più complesso, quello delle relazioni internazionali. Partita indecifrabile, intrisa di sotterfugi finanziari e di intrighi societari, di colletti bianchi e di potenti che non si privano di niente. Il suo arrivo nell’Isola, proprio per questa sua esperienza diretta nella lotta alla mafia, è di per sé un valore decisivo proprio quando “pizzini” e infestanti infiltrazioni rischiano di pervadere persino la terra di Sardegna. Il suo sbarco in terra sarda, però, è coinciso con lo scoppio della guerra, con l’assalto armato di Putin all’Ucraina. È il tempo dei “congelamenti” dei beni, delle ville da mille e una notte, degli yacht miliardari trasformati in veri e propri set privatissimi per affari d’alto bordo e complotti di ogni genere.

Affari oligarchici

Un sistema quello degli affari oligarchici in terra sarda che non può sfuggire all’uomo che ha sfidato a Trapani, nel processo Iside 2, la ‘massomafia’, oppure il comitato dei grandi affari mafiosi negli appalti, per finire con lo storico processo ‘Akragas’, concluso con ventuno ergastoli, tra cui quello di Giovanni Brusca. Quella di Luigi Patronaggio non è un’intervista, semmai un appello, profondo e urgente, su cui la magistratura sarda e non solo è chiamata alle armi, quelle dell’investigazione e dell’azione giudiziaria. A dettare l’agenda della politica italiana, con tanto di governo convocato in parlamento, è la storia dell’ultimo oligarca in salsa sarda di cui ci siamo occupati nelle recenti inchieste del nostro giornale: quel Artem Uss, trafficante di armi per Putin e contrabbandiere di petrolio, capace di scappare, con tanto di braccialetto elettronico, dalla Padania per raggiungere, senza colpo ferire, le steppe siberiane. Della sua fuga, il magistrato sardo, non vuole parlare, la sua è un’analisi che va ben oltre il contingente. C’è un capitolo inesplorato sul quale da almeno un anno Luigi Patronaggio, con la Procura generale di Cagliari, in raccordo con tutta la magistratura sarda, sta lavorando a 360 gradi, incrociando dati, verificando e riscontrando un vortice di denari nascosti dietro paradisi fiscali, con affari il più delle volte coperti da castelli societari sparsi per il mondo. Il quesito è dirompente: sono soldi leciti, o provengono da affari illegali, come il traffico di armi, di petrolio, di contrabbando di legno o di materie rare?

Infiltrazioni russe

Il Procuratore generale va subito al sodo: «La recente fuga di Artem Uss, magnate russo legatissimo agli interessi militari di Putin, dagli arresti domiciliari in attesa di estradizione verso gli USA, a prescindere dalle responsabilità tutte da accertare sulla sua fuga, pone per la magistratura, e per le Procure sarde in particolare, un problema di massima attenzione sulle penetrazioni economiche russe in Sardegna». Se questo è il tema, Luigi Patronaggio, in questo primo anno di lavoro, ne ha già circoscritto il confine economico e finanziario. I numeri che il Procuratore Generale mette nero su bianco sono molto di più di un allarme: «Recenti studi di intelligence hanno accertato che ben l'80% degli investimenti russi in Italia si concentra in Sardegna, a Olbia e in particolare nella Costa Smeralda». Numeri sconvolgenti, capaci di confermare senza appello un sospetto sinora solo percepito: nell’Isola si sta concentrando un volume di “rubli” provenienti dalla Russia da far spavento. Il più delle volte si tratta di capitali incontrollati e incontrollabili, senza una provenienza certa, in grado di alterare le condizioni di mercato, mettendo in ginocchio gli operatori economici sardi e non solo chiamati a competere con capitali russi di dubbia provenienza.

Investimenti sospetti

Si fa più esplicito il Procuratore quando affronta il tema della provenienza di queste risorse russe in terra sarda: «Oggi, dopo la guerra di aggressione russa all'Ucraina e indirettamente agli interessi economici strategici dell'Occidente, occorre interrogarsi sulla legittimità di quegli investimenti. In particolare è difficile considerare leciti reinvestimenti in Italia di capitali prodotti attraverso il traffico d'armi, di componentistiche elettroniche, di materie prime rare o anche solo di fonti energetiche tradizionali». L’affermazione è circospetta, ma nel contempo esplicita: i capitali provenienti da attività come traffici di varia natura, dalle armi alle materie prime rare non possono essere considerati investimenti leciti.

Allarme “russo”

L’allarme di Luigi Patronaggio è a caratteri cubitali, un appello che va ben oltre il caso della fuga di Artem Uss, di per sé gravissima. Le sue parole sono un’esortazione collettiva alla magistratura sarda: «Necessita un attento studio di queste dinamiche cui la Procura Generale da me diretta si sta in questo ultimo anno profondamente interessando, stimolando studi di settore e investigazioni». In questa direzione, proprio per la materia complessa e innovativa, è indispensabile formare una squadra di magistrati capaci di perseguire con determinazione e professionalità questa inesplorata “infiltrazione russa” nell’economia sarda. Dice Patronaggio: «Non viene neppure tralasciata la formazione degli investigatori e dei pubblici ministeri, che viene portata avanti con l'alta collaborazione del comando regionale della Guardia di Finanza, al fine di penetrare le complesse operazioni di investimenti societari e finanziari operate da cittadini russi». Un quadro d’insieme che necessita di una strategia ben definita e determinata, con un riferimento durissimo verso chi si presta a favorire queste coperture: «Le indagini si presentano particolarmente complesse perché questi imprenditori russi operano attraverso società multinazionali, o con sedi in paradisi fiscali, e non ultimo perché gli stessi godono dei favori di prezzolati professionisti locali».

Sos sicurezza di Stato

L’analisi del Procuratore generale, però, non si ferma agli aspetti economico-finanziari, ma apre uno scenario inquietante, senza precedenti: «Il tema è particolarmente sensibile e non solo sotto l'aspetto del riciclaggio di denaro, ma anche della stessa sicurezza dello Stato, atteso che questi oligarchi, per anni, attraverso i loro elicotteri, aerei e yacht privati, utilizzando come basi le loro immense ville ubicate nelle belle ed inaccessibili coste del nord Sardegna, avrebbero potuto, ma è solo una ipotesi da verificare, porre attività di ingerenza in affari riservati della Repubblica italiana». Supposizioni tanto pesanti, quanto allarmanti, proprio perché a farle è un uomo con l’esperienza più delicata, quella della lotta alla mafia. Il rischio di «ingerenza in affari riservati della Repubblica» è un richiamo severissimo, che non lascia vie di mezzo: l’allarme sugli affari degli oligarchi in terra sarda è questione di Stato. Il richiamo è autorevole, forte e senza mezze misure: «Ritengo che questa attenzione, a maggior ragione dopo il caso Uss, imponga un doveroso salto di qualità nelle investigazioni e che la magistratura inquirente, italiana e sarda, debba dare il proprio, ancorché piccolo, contributo in questa triste stagione di guerra». Sulla clamorosa fuga di Artem Uss, con tanto di servizi segreti russi coinvolti nell’operazione, è lecito porsi il tema di possibili complicità italiane nell’operazione.

Fuga evitabile

È magistrato scafato Luigi Patronaggio, alle tensioni non cede un solo attimo: «Non voglio entrare nella polemica fra la magistratura giudicante milanese e il Ministro Nordio, non ho sufficienti elementi di valutazione in proposito. Mi limito ad osservare che situazioni così delicate per le ricadute di politica internazionale non si possono governare con i soli normali mezzi del codice di procedura penale e con la formale osservanza delle rigide regole poste a garanzia degli indagati. Un’attenta vigilanza di polizia, di sicurezza e prevenzione avrebbe verosimilmente superato il problema della pretesa inadeguatezza dello strumento degli arresti domiciliari con il c.d. braccialetto. Sulla questione tuttavia c'è una spinosa indagine disciplinare, che riguarda i rapporti fra l'autonomia dei giudici e i poteri del ministro, su cui, per ovvie ragioni, non intendo intervenire».

Denaro facile

Tutto ciò che c’era da dire, Luigi Patronaggio, lo ha detto. Gli affari russi in terra sarda, oggi più che mai, sono un capitolo inquietante. Quando in una terra come la Sardegna arrivano investimenti, come in questo caso copiosi e miliardari, occorre sempre porsi una domanda elementare: da dove arrivano quei soldi e qual è il vero obiettivo di quegli affari. Molto spesso i soldi facili sono lo strumento più pericoloso per annientare la concorrenza, la legittima competizione nel mercato, in grado di eliminare imprenditori onesti a scapito di ricchi predoni in cerca di facili affari a buon mercato. L’allarme è lanciato, l’allerta sugli affari russi in terra sarda, ora è al massimo livello di attenzione.

© Riproduzione riservata