Quella cavalcata di pochi secondi, durante la processione per San Costantino a Paulilatino, gli era costata il porto d’armi. Ora uno degli otto cavalieri – tutti prima incriminati e poi prosciolti in sede penale – ha vinto il suo ricorso al Tar contro la Questura di Oristano, che lo aveva considerato un soggetto pericoloso e gli aveva impedito di praticare la sua passione: la caccia.

I fatti risalgono al 5 settembre del 2021. Il corteo religioso si snodava, come da tradizione, sulle strade del paese. Tra regole anticovid e decreto Martini, era stato autorizzato solo il passaggio al piccolo trotto dei cavalli che aprivano il corteo. Ma al semaforo di via Nazionale era partita la galoppata. Breve, in una strada chiusa al traffico. I carabinieri aveva stilato un rapporto e i protagonisti erano stati indagati per “inosservanza dei provvedimenti dell’autorità”. L’inchiesta era stata archiviata, ma il questore aveva dichiarato la “pericolosità sociale” dei cavalieri e revocato il porto d’armi. Il Tar ha dichiarato infondato il provvedimento e l’ha annullato. 

Per i giudici amministrativi «il giudizio di inaffidabilità del ricorrente risulta formulato senza adeguata istruttoria e motivazione, in quanto l’amministrazione non ha considerato che la mera circostanza che il ricorrente abbia cavalcato al galoppo per qualche decina di metri, davanti alla processione e in una strada interdetta al traffico (quindi senza effettivamente creare condizioni di pericolo per le persone, di cui infatti non è dato riscontrare comprova alcuna negli atti di causa), non può che ritenersi priva di qualsiasi connotazione di pericolosità sociale idonea ad incidere sulla affidabilità del ricorrente circa l’uso delle armi». 

Intanto il cavaliere per due anni non ha potuto andare a caccia, anche se aveva ragione. 

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