Ardauli, basta ruderi: si punta a riqualificare il centro storico
Il Comune lancia il piano “Case accoglienti”Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Riscrivere il futuro del centro storico di Ardauli, riqualificarlo e dar luogo ad un abitare diffuso. È questo il senso del progetto strategico “Case accoglienti - Laboratorio per la riqualificazione del centro storico di Ardauli”, che l’Amministrazione comunale guidata dalla sindaca Tina Fadda intende portare avanti grazie anche al supporto della società cooperativa Sardarch, spin-off dell’Università di Cagliari.
Stop quindi ai ruderi, alle case diroccate che oltre a non offrire un bello spettacolo costituiscono un pericolo.
L’iniziativa verrà presentata ufficialmente venerdì 19 luglio, alle 18 nel cortile di Casa Tatti in via San Damiano.
“Tutti e tutte coloro che si sentono parte della comunità ardaulese, residenti e non, sono invitati e invitate a partecipare. Obiettivo dell’incontro sarà iniziare a immaginare un futuro per il patrimonio immobiliare inutilizzato del paese, a partire dall’esplorazione guidata di buone pratiche dall’Italia e dal mondo”, sottolinea la sindaca Fadda.
Il progetto “Case accoglienti” prevede l’attuazione di una serie di attività partecipative in vista della riqualificazione del centro storico, che portino a un programma di recupero delle case abbandonate e diroccate al fine di sperimentare un abitare temporaneo: ciò che oggi è vuoto e inutilizzato potrà diventare sede per un “abitare diffuso”.
“Case accoglienti – spiegano ancora dal Comune - mette al centro una serie di misure, azioni e strumenti capaci di rendere attrattivi i territori, promuovendo le cosiddette economie dei luoghi. In particolare il progetto vuole coinvolgere i cittadini temporanei, come gli emigrati, che mantengono un legame con il paese anche se non ci vivono quotidianamente”.
“Questo – conclude il municipio - si traduce in azioni finalizzate alla costruzione di quella comunità di “abitanti nativi, ritornanti, adottivi o affettivi” capace di valorizzare e riattivare le risorse territoriali in collaborazione con una comunità di abitanti temporanei e mobili”.