Per il resto, dice col tono di chi la sa lunghissima, basta seguire alcune regole basilari. «Non vado in mezzo alla savana carico di prosciutti per poi lamentarmi che i leoni sono aggressivi». Lo stesso criterio vale per i pesci più temuti: «Gli squali esistono da 400 milioni di anni. I cetacei, giusto per fare un esempio, da 55. Gli uomini non sono mai stati nella loro dieta se non per errore, il loro cibo sono i pesci». Riccardo Sturla Avogadri, 41 anni, ferrarese naturalizzato in Gallura, nella vita fa il pilota di Meridiana. O meglio, fa anche quello. In realtà è uno dei più conosciuti esperti di squali: fondatore del sito di riferimento ( www.sharkacademy.com ), contitolare di un'esposizione a Jesolo. Uomo di cieli e di mare, uno che non si è risparmiata neanche una possibilità nel campo il rischio è il mio mestiere . Compresa l'invenzione del surf jumping (via di mezzo fra snowboard, bungee jumping e windsurf): ci si butta imbragati da un ponte e in pochi secondi si compiono evoluzioni con la vela a mo' di timone. Come sulle onde, solo che sotto c'è il vuoto. Per cultori della materia.

CURRICULUM IMPEGNATIVO Il padre uno dei primi piloti dell'allora neonata compagnia del principe Karim, scuole a Olbia, una passione divorante per il mare. Primo incontro con gli squali a 13 anni, vacanza di famiglia fra gli atolli di Tahiti, Moorea, Rangiroa. «Erano lì, praticamente sulla riva. I polinesiani dicevano: sono innocui. Io mi sono fidato e ho fatto il bagno con loro: un'emozione». Sempre col padre, acquista da Cino Ricci Azzurra 4 , quella della Coppa America dell'89. Base nel Golfo di Marinella, tiene a battesimo una compagnia di charter che porta i turisti in giro per il Mediterraneo. Poi vince una borsa di studio della Regione come pilota di linea, fa il servizio militare nelle fila della polizia. Per farla breve (ma il curriculum è di diverse cartelle), Meridiana gli offre un posto che lui, ovviamente, accetta.

BASTA VOLARE Oggi è praticamente l'unico pilota part time, una settimana al mese libera ad inseguire i pescecani per ogni dove. E la tentazione di lasciare la cloche per sempre: «In Italia oggi è tutto diverso, il disastro dell'Alitalia ha cambiato la fisionomia di questo mestiere. C'è un momento in cui non ne puoi più di mangiare cioccolatino-prosciutto-banana, l'importante è che la somma delle calorie sia giusta. Orari impossibili, chiamate notturne all'ultimo minuto, sbalzi di pressione. E poi si vola sempre più alto e le radiazioni sono una brutta bestia». Stipendio decoroso, «3200 euro, quello che guadagnavo nel '98». E la tentazione sempre più forte di salutare i cieli mirando dritto a una nuova vita a pelo d'acqua.

UN'AUTORITÀ L'uomo non è un sprovveduto, è riuscito a tenere testa all'universo mondo degli esperti di squali durante il convegno mondiale a Londra. Presentava un metodo (registrato, hai visto mai che qualcuno lo imiti), messo a punto alle Bahamas per rilassare gli squali. Movimenti ritmici, carezze sul muso, le bestie che si accasciano sul fondale, Youtube regala ampia documentazione video. Massaggiatore sui generis, praticamente. Nel curriculum ha anche un'esperienza di anni al fianco di Licia Colò come esperto subacqueo, testimonial internazionale della più celebre marca di attrezzature da sub, consulenze con produzioni cinematografiche. E siccome è uno che pensa in grande, quando ha voluto uno squalo da salotto (un modello a grandezza naturale, sei metri o giù di lì), si è rivolto al numero uno: Carlo Rambaldi, quello dello squalo di Spielberg. Ferrarese anche lui. «Io ho fornito la consulenza scientifica e oggi quel modello è esposto nel parco Zoomarine, a Torvaianica».

L'UOMO DEI BRIVIDI Dimenticare il terrore della pinna che falcia le onde, di quella bocca spalancata che continua a turbare i sonni di tantissimi. «Gli attacchi all'uomo sono incidenti, e pure rari». Se a comandare fossero le statistiche, giura che bisognerebbe temere infinitamente di più un'ape («sapeste quanti ne muoiono per le punture»), per non parlare del traffico. Lui, a parte un'istintiva fiducia nel mondo degli animali, in questi anni ha raccolto migliaia di ore di esperienza diretta. a tu per tu. Non c'è fondale infestato dagli squali che non abbia visitato, reperto che non abbia raccolto. Ha imparato a indossare la muta a maglie d'acciaio che consente un rapporto diretto con i super-pesci. E, giusto per essere sincero, ha dovuto fare i conti con i denti: «Uno squalo bianco una volta mi ha addentato la macchina fotografica e l'ha distrutta. Ma era colpa di chi, dall'alto, manovrava l'esca». In un'altra occasione i denti hanno perforato il metallo, «ferita non grave». Mai paura? Parola grossa. Diciamo che qualche volta, una in particolare, si è reso conto di essersi infilato in un ginepraio e ne è uscito fuori lestamente. «Mare torbido, centinaia di squali tigre, io con la carne in mano». Mentre scendeva, mi è reso conto che si stavo mettendo in una situazione spiacevole: «Detto fatto, sono saltato fuori».

CONFIDENZIALE Oggi conosce a memoria i segreti di questi bestioni, li studia un po' per mestiere un po' per passione: «Non ci si campa, purtroppo». Per questo storce il naso davanti agli assalti degli squali. «Che esistono, per carità, ma spesso è un clamore infondato. C'è sempre un motivo». I turisti russi mangiati vivi nel Mar Rosso? «Colpa delle pecore. I paesi arabi ne stavano importando una nave intera dalla Nuova Zelanda, migliaia di capi. Per un incidente, sono finiti in mare e il profumo di carogna ha richiamato nella zona i Longimanus, squali pelagici che appartengono alla quarta specie più pericolosa del mondo». Per la cronaca, sono preceduti da quelli Bianco, Tigre e dello Zambezi. Di ognuno conosce la tecnica di attacco, Bianco velocissimo, arriva in fretta, stordisce la preda, addenta un po' per poi ritorna. Quello Tigre, lento ma fatale, in bocca un'autentica tagliola seghettata (giusto per informazione, d'estate lo si trova serenamente nel Mediterraneo). «Sono sempre attacchi accidentali, anche quando con un morso ti portano via una gamba. Quello magari era il loro terreno di caccia e noi lo abbiamo invaso. Ma, ripeto, non siamo una loro preda». Il suo patrimonio di conoscenze lo ha anche brevettato in un vero diploma da sub (della famiglia Padi) e ci ha scritto sopra un librone: «È stato appena tradotto in inglese, ci sono centinaia di foto e di disegni, lo presenterò alla fiera della subacquea di Orlando».

IN SARDEGNA Non vede l'ora che sia dicembre per buttarsi in barca, dalla Gallura verso il sud, per pattugliare le coste dell'Isola. «Fino a marzo, è il periodo migliore per osservare gli squali elefante. Protettissimi da una convenzione mondiale e inoffensivi». Per intendersi, si parla di bestie da 12-15 metri, secondi solo alle balene per grandezza, stazza fino a 10 tonnellate. Innocui, per carità, ma di un certo impatto per cuori deboli. Lui vorrebbe riuscire ad applicare a un esemplare un trasmettitore satellitare. «Ci consentirebbe di sapere dove vive, di proteggere il suo habitat, è un progetto molto costoso da affrontare da solo ma che magari può interessare alla Regione. Esiste il santuario dei cetacei, sarebbe bello se ci fosse anche quello degli squali. Basterebbe un abbonamento ad Argos, il satellite, e chissà quanti segreti potremmo svelare». Anche perché a poca distanza dai bagnanti estivi nuotando verdesche («si segnalano attacchi all'uomo? Sì, ma rari») e qualche altra decina di specie diverse. «Sarebbe bello vincere questa paura una volta per tutte: sono bestie meravigliose tormentate da una fama immeritata». Poi può capitare che sbaglino mira, bersaglio, e qualche umano ci capiti dentro (le fauci). Quasi perfetti. Ma senza esagerare.

(di Lorenzo Paolini)
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