Il tintinnio dei campanacci si affaccia come un cantico tra lentischi e myrtus communis. E’ l’unico segno di vita in questa terra lontana, rimasta solo promessa. Le mandrie di un tempo qui sono sparite con l’incedere esplosivo di un futuro che non sogna, dilania. I pochi capi bovini che ancora razzolano ai confini della guerra, in attesa di irrompere nelle aree segrete, traguardano l’orizzonte con lo sconcerto della rassegnazione. Del resto ne hanno visto di tutti i colori, loro e i pastori, in queste terre violate per sempre. Il paesaggio scorre lento nel cuore del Salto di Quirra, Perdasdefogu, Sardegna estrema e vietata. Poche strade, tutte tortuose. Eremo sconfinato e proibito. La storia racconta di un’irruzione di Stato quando gli anni sessanta ancora non avevano conosciuto l’alba. Era il 1956, luglio inoltrato.

Bestiame e speranze

Portarono via tutto e tutti, bestiame e speranze, uomini e donne. I video di allora, segnati dall’incedere del tempo sull’antica celluloide, imprimono nella memoria fotogrammi tanto forti quanto drammatici. Quegli ovili svuotati, le mandrie requisite, i pascoli occupati e circondati da cartelli senza tregua e filo spinato come se Guantanamo si fosse trasferito da queste parti. I sogni di Roma per le terre d’Ogliastra, incastonate nella contea del Sarrabus-Gerrei, erano sin dall’inizio quelli di un’Isola deserta, da usare e consumare, una sorta di dependance di Stato da dilapidare senza un domani. Nei palazzi del potere, militare e non solo, avevano le idee ben chiare: trasformare quell’anfratto di Sardegna nella loro Wallops Island, un isolotto di poco più di 16 chilometri quadrati nella costa orientale degli Stati Uniti d’America, nella Contea di Accomack, nello Stato della Virginia.

Marines & Pastori

Nonostante i settemila chilometri di distanza dal Salto di Quirra la storia sardo americana viaggia sullo stesso selciato. In quel paesaggio sperduto alla fine estrema degli Stati Uniti, a ridosso dello spietato Oceano Atlantico, “quattro gatti” pascolavano qualche pecora, un po’ di bovini e pony. Il tutto fino alla metà degli anni '40. Con la scusa dell’esplorazione scientifica e della posizione favorevole verso il mare, nel 1947, la potentissima Marina degli Stati Uniti d’America, quella dei Marines, occupò senza troppi convenevoli più di due terzi di quell'isola. L’obiettivo non era un segreto: trasformare quell’enclave nella base di lancio per i test di artiglieria di aviazione, tradotto missili da guerra. Sparirono in un batter d’occhio pecore e bovini, e anche i pony lasciarono l’Isola. Ad affiancare i missili di guerra arrivò poco dopo il National Advisory Committee for Aeronautics, la NACA, precursore della NASA. Gli agenti dello spazio affittarono i restanti quattro chilometri quadrati e cominciarono a lanciare razzi e satelliti nel cielo.

Oltre l’emisfero

Dieci anni dopo l’invasione dell’isola americana dall’altra parte dell’emisfero, in terra di Sardegna, tra Perdasdefogu e Quirra, i camion dell’Aeronautica militare caricarono per sempre pastori e greggi, famiglie intere e ogni genere di essere vivente. Evacuati la bellezza di 120 chilometri quadrati, dieci volte tanto la superficie occupata dai Marines nella lontana Virginia. La differenza non era di poco conto: lì erano quattro gatti, nel proscenio sardo, invece, molti di più, per giunta in un’Isola abitata, un territorio dalle spiagge esclusive, immerse nelle più fantasiose capriole geologiche della terra. I due poli opposti, quello di Quirra e della Virginia, si incontrano per la prima volta 61 anni fa. E’ gennaio del 1961 quando il Centro Nazionale delle Ricerche, il Cnr, e la NASA decidono di avviare una serie coordinata di lanci di nubi di litio-sodio, effettuati con missili americani Nike-Cajun, dalle basi di Wallops Island in Virginia e del Salto di Quirra in Sardegna. L’obiettivo era apparentemente tutto scientifico: misurare le correnti atmosferiche di alta quota, osservando in contemporanea le nubi di litio-sodio da varie stazioni di terra, sette delle quali erano italiane, cinque in Sardegna.

L’amara realtà

La realtà, negli anni a seguire, divenne tutta un’altra. Il tentativo di utilizzare la ricerca spaziale per mitigare il vero core business del poligono interforze del Salto di Quirra lasciò presto campo libero alla guerra, quella più cruenta, fatta di sperimentazioni senza regole, di armi micidiali impunemente usate per devastare ambiente e vite umane. E’ la storia che racconta esercitazioni senza ritegno, a mani nude e a pieni polmoni, quelli perforati da nanoparticelle, metalli pesanti e persino torio radioattivo. Da sempre dentro questo poligono sardo di nome, italiano di proprietà, i segreti sono misteri. Oggi come allora si cerca di spendere il verbo di Stato a favore di missioni indolore, capaci di suscitare la frenesia della ricerca scientifica più avanzata, pur di nascondere la vera missione di guerra. Misteri raccolti in migliaia di cablogrammi ufficiali, blindati nelle segrete stanze del poligono di Quirra.

Porto di mare

Qui, in questa terra che fu di imperterrite scalatrici di montagne, capre pettinate come poche al vento di Sardegna, è difficile, se non impossibile, scoprire chi realmente devasti questi canyon interminabili tra altopiani e rare vallate. Una montagna inaccessibile, trasformata, in realtà, in un porto di mare. Qui, nel segreto militare approda di tutto, eserciti da mezzo mondo, fabbriche di morte che producono missili e bombe, droni e micidiali esplosivi di ogni portata. Tutti da sperimentare nella terra di Quirra. Qualcosa sfugge alla consegna del silenzio, vedasi il missile “Marte Er” capace di colpire a 100 km una nave, ma molto altro resta rigorosamente omesso, nascosto, blindato. Gli unici testimoni, inconsapevoli e silenti, sono quei pochi capi di bestiame che ancora presidiano quelle poche radure intorno alle gimkane imposte dalle curve di livello che tracciano le strade rigorosamente militari che attraversano le montagne sino al mare. Nemmeno un check point che regoli il transito su quelle curve ad oltranza. Quasi un tacito tentativo di far apparire tutto normale. Tentativo, appunto.

Il segreto di Zona Torri

In realtà, quando arrivi sulla zona Torri, (cartina, foto 5) quella più compromessa dell’intero poligono, segnata per sempre da quel disastro ambientale impunito, provocato da esplosioni e nubi tossiche ciclopiche, ti rendi conto che i misteri sono racchiusi all’orizzonte. Da una parte la ruggine della vecchia base di lancio missilistica, ancora verticale, mentre lassù, su un piazzale di qualche centinaia di metri quadri, alla fine della salita di rovi e lentischio scorgi quello che non ti immagini nemmeno nel poligono di Quirra.

Mimetizzati

Non basta la mimetizzazione d’ordinanza, maculata come nemmeno in Iraq, non basta quella macchia di verde che circonda il posizionamento strategico. Inutile che il punto prescelto sia tra quelli più alti e invisibili dell’orizzonte. Quei quattro cilindri verticali, eretti come missili, non sono dispensatori di mangime per bestiame, non contengono acqua e nemmeno carburante. Sono piazzati come un vero e proprio sistema antimissilistico dentro il cuore di Quirra. Una batteria di missili, con tanto di puntatori e radar autonomi, direttamente collegati a quei quattro giganteschi cilindri con coperchio superiore pronto ad essere scaraventato all’aldilà, qualora la mano dell’uomo decidesse di innescare la partenza di quei missili. Sono lì, fermi, immobili. Irriconoscibili, non dichiarati e soprattutto senza una chiara provenienza.

Il caso turco

La foggia non è quella delle batterie missilistiche in dotazione all’Italia, che ne dichiara di altro genere, squadrate e non cilindriche, e nemmeno la Nato sembra disporre di questo tipo di missili balistici in grado di fare scudo all’attacco di altri missili o di aerei. E’ qui che il mistero di quel posizionamento nel cuore di Quirra lascia aperti gli scenari più inesplorati. Di certo in Europa la tensione sta salendo ovunque, ma è impensabile che quel posizionamento, e quel tipo di batteria missilistica sia un caso. Ovviamente, visti i segreti del poligono, fioccheranno smentite d’ufficio, e come spesso capita si dirà che si tratta di mezzi di pace.

La prova

Le foto che pubblichiamo (1 e 2), però, sono la prova provata di quella base missilistica, non un campo di fiori. Basta confrontare le immagini di Quirra con le foto 3 e 4, per capire la somiglianza totale con le batterie missilistiche turche, quelle di ultima generazione. E’ qui che si innesca un dettaglio sul quale sarà impossibile avere conferme e, forse, anche smentite. Su queste batterie missilistiche in mano ad Erdogan è in atto un vero e proprio braccio di ferro con gli Stati Uniti. La Turchia è l’unico Stato membro della Nato, e dunque si può esercitare nei poligoni sardi, che ha in dotazione i sistemi missilistici russi S-400, simili o addirittura uguali a quelli posizionati nel poligono sardo. Missili capaci di colpire a 400 km di distanza e fino 30 km di altitudine, con una operatività a 360 gradi. La Russia ha firmato con il califfo turco un contratto da 2,5 miliardi di dollari per le forniture dei suoi sistemi missilistici mandando su tutte le furie proprio gli Stati Uniti.

Il blitz Usa

Peccato, però, che nel Senato americano sia in corso un vero e proprio ribaltamento di scenario. Un senatore repubblicano ha, infatti, sottoposto alla massima assise in campo militare degli Stati Uniti, un emendamento che pare sia condiviso da molti esperti, con il quale suggerisce di comprare quei missili russi proprio attraverso la Turchia. Una guerra tecnologica che ha costretto nei giorni scorsi ad una presa di posizione lo stesso Servizio federale russo per la cooperazione tecnica militare: «Per esportare prodotti militari, un acquirente delle nostre armi deve presentare una dichiarazione dell'utente finale alla parte russa. Ecco perché è impossibile trasferire o riesportare tali prodotti verso paesi terzi senza un permesso ufficiale dalla parte russa». Il quotidiano statunitense Defence News crede all’operazione: il senatore Whip John Thune, espressione della maggioranza del Senato, ha proposto un emendamento al National Defense Authorization Act, il piano degli armamenti americani, che consentirebbe di acquistare sistemi di difesa aerea S-400 di fabbricazione russa dalla Turchia utilizzando il conto di approvvigionamento missilistico dell'esercito nordamericano. La crisi ucraina rallenta l’operazione, ma di certo sulle cime del Salto di Quirra quel sistema balistico resta un mistero, come i tanti sepolti in quella terra di Sardegna trasformata in un confine di guerra.

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