Dopo l'attentato al sindaco di Desulo Gigi Littarru, l'ennesimo contro un pubblico amministratore dell'Isola, il ministro dell'interno Angelino Alfano promette interventi e attenzione da parte del Governo.

Del resto quello sardo è ormai un bollettino di guerra. Gli attentati contro sindaci e amministratori locali sono la principale emergenza criminale della Sardegna ormai da oltre 20 anni. Più degli omicidi o delle rapine ai portavalori. Se ne contano a centinaia. Dai proiettili spediti per posta, sino alle bombe e alle fucilate. E solo in pochissimi casi i colpevoli sono stati individuati. Tanta solidarietà, poca giustizia.

Un fenomeno delinquenziale para mafioso, perché al di là dei moventi - spesso davvero futili: una concessione edilizia, un lavoro part time nei cantieri comunali, un sussidio negato - mina alle fondamenta il concetto stesso di democrazia e di legalità, condizionando pesantemente la vita di comunità dove diventa quasi impossibile occuparsi della cosa pubblica. Un'emergenza continua dunque, che ha seminato anche morte.

SANGUE A BURGOS È la notte del 29 febbraio 2004 quando Bonifacio Tilocca, padre dell'allora sindaco di Burgos, Pino, sente dei rumori sospetti provenire dalla strada. Così si avvicina al portone della sua casa per controllare dallo spioncino: un istante dopo l'onda d'urto di un ordigno infarcito di viti e bulloni piazzato sull'uscio lo investe in pieno, uccidendolo sul colpo e dilaniandone il corpo. Orrore, ma annunciato. Nei precedenti tre anni, infatti, Pino Tilocca aveva già subito gravissimi avvertimenti: altre due bombe erano esplose davanti all'abitazione del padre e i suoi nemici invisibili avevano persino profanato la tomba della madre. Una persecuzione spietata, ignobile. Mafiosa, appunto. E ancora senza colpevoli. Oggi Pino Tilocca vive lontano da Burgos, da quel paese che amava tanto ma che gli ha tolto tutto. Ma non ha mai dimenticato. Un anno fa, insieme ai quattro fratelli, ha anche scritto una lettera al ministro dell'Interno Angelino Alfano per chiedere ancora una volta giustizia. «Ci abbiamo sempre creduto e nonostante tutto continueremo a farlo - avevano scritto i Tilocca -. Quel delitto è una sconfitta dello Stato che ancora una volta preferisce sottovalutare la delinquenza piuttosto che dare risposte a chi ne ha diritto».

FUCILATE A OTTANA Una parziale risposta, anche se i processi sono ancora in corso, l'ha invece avuto Giampaolo Marras, ex sindaco di Ottana, che nella notte tra il 23 e il 24 settembre del 2010 visse un incubo simile a quello in cui è precipitato in queste ore il sindaco di Desulo Gigi Littarru. Pochi minuti prima che mezzo chilo di gelatina devastasse l'ingresso del Municipio, qualcuno scaricò una pioggia di piombo calibro 12 contro la sua casa. Una delle tre fucilate centrò la finestra della camera da letto dove Marras dormiva insieme ai due figlioletti e alla moglie Maria Grazia. Alcune schegge finirono nella culla del bimbo di tre mesi che fortunatamente era nel lettone insieme ai genitori. Dopo pochi mesi i carabinieri arrestarono tre ottanesi - Maurizio Sedda, Yuri Sedda e Roberto Fenudi - e un allevatore di Noragugume, Giampietro Argiolas, indicato come l'esecutore materiale dell'attentato. Condannato in primo grado a 12 anni, Argiolas venne però assolto in appello, mentre poco dopo la Cassazione annullò anche i verdetti di colpevolezza contro i due Sedda e Fenudi ordinando un nuovo processo ancora non concluso. Per Argiolas invece è arrivata una nuova sentenza, stavolta senza appello: il 25 novembre scorso è stato ucciso in un agguato mentre rientrava dal suo ovile.

IL SINDACO POETA C'è poi la storia di Graziano Deiana, poeta e sindaco di Mamoiada dal 2000 al 2015. Lui di attentati ne ha subiti tre, tutti concentrati durante il suo ultimo mandato. Prima l'incendio nella casa di campagna, poi le fucilate e il lancio di una molotov contro quella dove vive con la famiglia in paese. Dopo l'ultima intimidazione, datata 17 novembre 2012, annunciò che si sarebbe dimesso perché, fatto il pieno di solidarietà, voleva vedere risultati. Pochi giorni dopo venne arrestato un falegname che, a quanto pare, gli chiese pure scusa.

I VELENI DI LULA Ma il caso più emblematico è probabilmente quello di Lula, paese che fu commissariato per anni perché nessuno aveva il coraggio di fare il sindaco. Nel maggio 2002 l'avvocato Maddalena Calia, sostenuta da Forza Italia, presentò una sua lista e riuscì a fatica a sconfiggere l'astensionismo. Dieci giorni dopo qualcuno diede fuoco al portone del suo studio legale a Cagliari e nei due anni successivi il paese piombò in un clima plumbeo fatto di volantini, odio e sospetti. Un periodo oscuro passato alle cronache come "la stagione dei veleni di Lula" che culminò, nel novembre 2003, nell'omicidio di Luisa, la figlia 14enne di Matteo Boe e Laura Manfredi. Anche lei, a ben vedere, vittima innocente di questo cancro che divora lentamente le nostre comunità, seminando terrore e violenza, rancori e pregiudizi. E cancellando ogni traccia di solidarietà, di umana pietà.

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