"Una regia ci avrebbe consentito di presentarci in modo migliore, di 'vendere' meglio il nostro prodotto".

Così, su Videolina, Patrizia Carta, presidente della cooperativa "Paleotour", che gestisce il nuraghe Losa di Abbasanta. "Coste, distanza degli alberghi dal mare, nuove volumetrie. Non una parola sui paesi dell'interno e la bellezza dei territori": L'Unione Sarda, Daniela Falconi, sindaco di Fonni. "Siamo presenti al museo archeologico di Olbia e all'aeroporto di Cagliari".

Matteo Castangia, sindaco di Villanovafranca, parla al Tg di Videolina con, sullo sfondo, l'area nuragica di Su Mulinu. "Il Comune", aggiunge, "fa quello che può, ma stiamo lavorando a un nostro piano di marketing. Ci proviamo".

Tre storie tra tante in una Sardegna che, nonostante abbia avuto in regalo una bussola perfetta, continua a navigare a vista lungo la rotta della valorizzazione dei tesori disseminati nei territori.

Nulla di nuovo, purtroppo, sotto il solleone d'agosto. Negli ombrelloni e sugli smartphone dei nostri politici si continua a litigare per un posto letto o per un metro cubo, talvolta predicando bene ma razzolando male, sfiniti da riforme (o presunte tali) spesso destinate a durare lo spazio di una legislatura. "Con un solo nuraghe, a New York avrebbero fatto faville", ha detto banalmente Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, in una recente visita in Sardegna. Peccato che dalle nostre parti non si sia riusciti nemmeno a rivitalizzare la legge sulla gestione dei beni culturali, nata vecchia undici anni fa. I veri problemi, dopotutto, sono altri. L'Aula non ha mica tempo da perdere con questi sindaci, sempre con la solita tiritera legata a quelle quattro pietre da valorizzare. E che noia questa storia delle migliaia di sardi - archeologi, storici dell'arte, guide turistiche - in precariato permanente effettivo. I nostri politici hanno cose più importanti cui star dietro. Magari come far muovere sardi e turisti da una sponda all'altra del Tirreno. Già, magari.
© Riproduzione riservata