“Non toccheremo la legge sull’aborto”: Giorgia Meloni lo ha detto e ridetto, in campagna elettorale, quando ha affrontato uno dei temi etici più divisivi. Fratelli d’Italia (e Lega) hanno battuto su un punto: l’obiettivo è disincentivare le interruzioni di gravidanza. Il “come” è ancora da chiarire, anche se si è parlato di “incentivi economici” e di “donne che non devono sentirsi abbandonate dallo Stato” in un “Paese con uno dei più  bassi tassi di natalità”. 

I DATI SARDI. In attesa dei provvedimenti concreti, per comprendere la portata del tema ci sono i numeri. I più aggiornati sono quelli del 2020, rilasciati all’inizio di quest’anno: in Sardegna si sono registrati 1393 aborti. I bambini venuti alla luce sono stati 8215. Quasi una gravidanza su sette, quindi,  è stata interrotta volontariamente (di uno zero virgola al di sotto della media nazionale). In una regione dove nascono appena 26 bimbi ogni 1000 donne tra i 15 e i 49 anni: il rapporto più basso d’Italia. 

IL CALO. Col tempo l’Isola fa registrare un forte calo: nel 2007 gli aborti volontari erano stati 2247. Ben 2385 l’anno successivo (quello del picco), poi è iniziata una costante discesa, fino al numero del 2020. 

CHI? In Sardegna hanno preso la drastica decisione (sempre nel 2020) 950 non sposate e 362 coniugate (e 3 vedove). Il titolo di studio non conta, o conta poco: le laureate che hanno scelto di non portare a termine la gravidanza sono state 147, 50 quelle con la licenza elementare. Tutte le altre si dividono equamente tra licenza media e superiore. E nel 2020 hanno abortito anche due bambine, al di sotto dei 15 anni.  

I MOTIVI. Fredde statistiche. Dietro le quali ci sono storie di donne sofferenti, drammi psicologici, vite stravolte. I motivi delle scelte? Diversi, per ognuna. E tutte hanno avuto a che fare con la sanità, dove sono in aumento i medici obiettori. Quanti, al momento non si sa. 

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