Cagliari, 10 agosto 2023. Un ragazzo di 24 anni, ubriaco alla guida di un’auto truccata, non si ferma all’alt della Polizia, che si mette al suo inseguimento e riesce a bloccarlo. È Lucio Marzo, reo confesso dell’omicidio della fidanzata sedicenne Noemi Durini, avvenuto nelle campagne di Castrignano del Capo nel settembre 2017.

Marzo, minorenne all’epoca del delitto, è stato condannato in via definitiva a 18 anni e 8 mesi e stava scontando la pena nel carcere minorile di Quartucciu. Era beneficiario di un permesso per lavorare in un negozio a Sarroch, ma tra le disposizioni del giudice di sorveglianza c’era il divieto di guidare veicoli a motore.

Imma Rizzo, madre di Noemi, non ne sapeva nulla e quando apprese la notizia sui giornali iniziò la sua personale battaglia. In primis riuscì a far trasferire Marzo in un carcere per adulti, (ora è detenuto a Bollate, nel Milanese) poi chiese una lista dei permessi ottenuti dal giovane in questi anni.

L’ha ottenuta pochi giorni fa, e stenta a crederci. Lucio Marzo ha avuto i primi permessi ad appena tre anni dall’omicidio.

Gli è stato concesso di andare alla Domus a tifare durante le partite del Cagliari, di lavorare e persino di frequentare la nuova fidanzata, una ragazza che aveva conosciuto sul posto di lavoro in Sardegna. Ha lasciato il carcere anche per votare alle elezioni politiche del 2022. «Come se mia figlia fosse stata uccisa una seconda volta, ma dallo Stato», dichiara la madre di Noemi.

Ora che ha in mano tutti i permessi ottenuti dall’assassino della figlia, Imma Rizzo ha scritto al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Chiede «l’abolizione dei permessi premio in caso di reati gravi come il femminicidio», per di più concessi «a un detenuto ancora pericoloso per la società». La donna trova «sconcertante» che gli sia stato concesso di frequentare una ragazza dopo quel che ha fatto alla sua Noemi.

E in un’intervista al Corriere afferma: «I permessi premio a chi uccide sono una beffa e un fallimento dello Stato, chi toglie la vita non dovrebbe beneficiarne. Questo sistema sembra tutelare più i carnefici che le vittime. Lucio Marzo vive una vita quasi normale, va allo stadio, frequenta ragazze, partecipa a eventi sociali».

Il principio di reinserimento sociale e rieducazione proprio del sistema penale italiano, afferma, «è accettabile per reati minori come lo spaccio o piccoli furti. Ma chi ha tolto la vita a un’altra persona dovrebbe essere rieducato solo in carcere, non in libertà. Lo Stato deve proteggere le vittime, non gli assassini. Lucio Marzo è stato fermato in stato di ebbrezza alla guida di un’automobile eppure aveva il diniego di entrare in qualsiasi autovettura ma se ne andava bello indisturbato in giro. Se non l'avessero fermato quel giorno lui avrebbe continuato a fare la bella vita».

IL DELITTO

Noemi Durini aveva 16 anni quando il 3 settembre 2017 fu uccisa nelle campagne di Castrignano del Capo, in Salento, dal suo fidanzato. Presa a sassate e coltellate, sepolta sotto dei massi mentre era ancora viva. Dieci giorni dopo Lucio Marzo confessò il delitto e fece ritrovare il corpo. Uscito dalla stazione dei carabinieri di Specchia dopo l’interrogatorio, rischiò il linciaggio. Col cappuccio della felpa calato sulla testa, sfidò la folla che lo insultava alzando la mano destra in segno di saluto. Solo il cordone di sicurezza lo sottrasse all’aggressione della folla inferocita.

(Unioneonline/L)

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