Sono arrivate in Sardegna le 300mila dosi di vaccino che la Regione vuole utilizzare per cercare di arginare l’epidemia di dermatite nodulare contagiosa che rischia di dilagare tra i bovini. 

Gli ultimi dati disponibili, aggiornati al 17 luglio (quindi i numeri potrebbero essere superiori) parlano di 29 focolai attivi concentrati nel Nuorese, con 184 capi malati, oltre a 31 morti per il morbo e 447 già abbattuti. Negli allevamenti coinvolti ci sono complessivamente oltre 1800 bestie interessate. E tutte rischiano l’abbattimento, anche se sane. 

Un fenomeno, quello delle uccisioni, che si cerca di contrastare con le vaccinazioni: già da domani le dosi dovrebbero essere messe a disposizione delle Asl e dall’indomani dovrebbe partire la somministrazione a tappeto: gli allevatori non si possono rifiutare e, secondo le direttive dell’assessorato alla Sanità, sono multabili (fino a 20mila euro) e non riceveranno indennizzi in caso di danni subiti a causa della malattia. Tra chi possiede mucche ci sono perplessità: «Con i vaccini i bovini per quattro mesi subiranno una riduzione del latte ma gli altri effetti collaterali non dovrebbero essere così importanti», ha detto nei giorni scorsi l’assessore Armando Bartolazzi in Consiglio regionale. 

In attesa delle determinazioni dell’unità di crisi, a spiegare i motivi della linea dura c’è il consigliere regionale del M5s, Gianluca Mandas: «Per i focolai che stanno colpendo la Sardegna, è obbligatorio seguire la procedura sanitaria della Ue, che non consente deroghe arbitrarie. Le misure previste includono: isolamento immediato dell'azienda focolaio, delimitazione di zona infetta e zona di sorveglianza, abbattimento obbligatorio di tutti gli animali sensibili presenti nell'allevamento colpito, senza eccezioni,  blocco delle movimentazioni, attivazione della vaccinazione d'emergenza su scala regionale, misure di biosicurezza e controllo dei vettori. Nessuna regione può scegliere un approccio diverso». 

Ma da dove è arrivato il virus? E quando? La Regione ha la sua versione. Stando alle ricostruzioni sanitarie la Lumpy skin disease è in Sardegna almeno da marzo. E secondo le carte ufficiali «è stata formulata l’ipotesi dell’introduzione del virus tramite vettori provenienti dal continente africano nonché altre ipotesi su cui sono in corso i dovuti approfondimenti. I risultati della sorveglianza clinica, di laboratorio ed entomologica in corso», si legge in un documento dell’assessorato alla Sanità, «potrebbero fornire informazioni fondamentali sul momento in cui la Lsd è stata introdotta in Sardegna, mentre sulla base degli accertamenti di laboratorio effettuati dal Cesme sul sequenziamento del genoma virale è al momento emerso che dal confronto con le sequenze depositate in banca dati, la sequenza ottenuta da matrice salivare di un bovino del primo focolaio sardo, clusterizza con un isolato in Nigeria del 2018 ed è correlata ad altre sequenze africane descritte in Namibia e Sud-Africa tra il 2010 e 2022». 

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