Tra qualche anno, senza adeguate politiche di tutela e conservazione, l’ambiente naturale della Sardegna potrebbe dire definitivamente addio ai grifoni. Oppure ai gipeti, all’averla cenerina, alle aquile, ai falchi. E, tra i mammiferi, all’orecchione.

Il ministero dell’Ambiente e Federparchi, in collaborazione con il Comitato Italiano dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn) ha pubblicato in questi giorni la “Lista rossa dei vertebrati italiani”, che fotografa il rischio di estinzione delle specie che popolano le diverse regioni italiane. 

E, scorrendo il lungo elenco di animali marini e uccelli presenti nel dossier, restano moltissimi –purtroppo – gli esemplari della fauna sarda che hanno visto peggiorare, rispetto al 2013, anno di preso come punto di riferimento, il proprio status, che in alcuni casi, da “vulnerabile” è passato a “Endangered”, ovvero ufficialmente in via d’estinzione. 

Nel dettaglio, per quanto riguarda le specie che popolano l’Isola, gli animali la cui popolazione ha visto un netto “peggioramento” – segnalato in rosso – sono una decina. 
Di seguito l’elenco: 

  • lo squalo gattopardo o gattuccio minore (Scyliorhinus stellaris) che prima non era a rischio e che ora è stato inserito nella categoria “Near Threatened”, ovvero “Quasi minacciato”
  • l’orecchione sardo, che da “in pericolo” è classificato oggi come “a rischio estinzione”
  • l’averla cenerina, che nel 2013 era “Vulnerabile” e oggi è in via d’estinzione
  • la beccaccia di mare, passata da “Quasi minacciata” a “Vulnerabile”
  • il cormorano, che era e resta “Critically endangered” (CR), ovvero in via d’estinzione ormai in maniera critica
  • il falco pescatore, passato anch’esso al preoccupante livello CR
  • la berta minore
  • la magnanina sarda
  • il martin pescatore
  • il passero solitario 
  • l’uccello delle tempeste
  • la raganella tirrenica

In qualche caso, rispetto al 2013, ci sono stati dei miglioramenti. L’aquila del Bonelli, ad esempio, è passata da “Critically endangered” a “Endangered”, il grifone da “Critically endangered” a “Near Threatened”, ma è una magra consolazione.

Quanto alle specie presenti in Sardegna, tra le specie presenti in Sardegna che più rischiano oggi l’estinzione, oltre all’orecchione, all’averla cenerina, al cormorano, al gipeto e al falco pescatore, ci sono l’averla capirossa, l’astore sardo, la gallina prataiola.

E non se la passano bene nemmeno i falchi della regina, i falchi di palude, il tarabusino e il verdone, che erano e restano “Vulnerabili”.

GLI ESPERTI – «La ricca diversità di specie animali e vegetali presente in Italia è soggetta a minacce concrete dovute all’attività umana», si legge nel rapporto. «La densità media di popolazione umana è attualmente 202 abitanti/km quadrati, più alta della media della già popolosa Europa».

«Sebbene l’abbandono delle aree rurali in favore delle città abbia favorito la rinaturalizzazione di alcuni ambienti – aggiungono gli esperti che hanno lavorato al rapporto - il consumo di risorse naturali da parte della popolazione nelle città è cresciuto, così come l’intensificazione dell’agricoltura che ha ridotto o eliminato gli spazi naturali nelle aree coltivate, riducendone

drasticamente l’idoneità per la fauna».

GLI SCENARI – «Attualmente, – prosegue il dossier - in Italia sono istituiti 24 Parchi Nazionali, 146 Parchi Regionali, 147 Riserve Naturali Statali, 32 Aree Marine Protette, circa 400 Riserve regionali, inoltre una vasta rete di siti protetti la maggior parte dei quali rientranti nella Rete Natura2000. Complessivamente, la superficie di territorio tutelato ammonta al 21%, includendo i Siti Natura 2000. A livello globale è stato dimostrato che le azioni di conservazione sono tuttora largamente insufficienti a contrastare l’aumento delle pressioni antropiche sulle specie animali e vegetali, e la conseguenza sono un deterioramento generale dello stato della biodiversità e un avvicinamento delle specie all’estinzione».

Di qui la necessità di aumentare il monitoraggio e, al contempo, mettere in atto politiche che rafforzino la tutela dell’ambiente e della fauna.

«L’estinzione locale è un fenomeno difficilmente reversibile, perché impone necessariamente costosi interventi di reintroduzione dagli esiti, spesso, incerti», dicono gli esperti. Aggiungendo: «Intervenire per conservare le specie prima che siano troppo prossime all’estinzione riduce i costi e aumenta le probabilità di successo delle azioni di conservazione».

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