Non per fare inutile polemica, e neppure per appesantire invano una Giornata, quale Questa dell’Assunta, che dovrebbe essere di leggerezza e di fede, di fede e di leggerezza soltanto, ma solo perché nonostante le continue rassicurazioni, nulla ad oggi, a livello governativo centrale, sembra essere stato fatto per porre un argine all’inesorabile processo di logorio che da troppo tempo accompagna il nostro Servizio Sanitario avvicinandolo ogni giorno che passa al collasso sistemico.

Il Nosocomio nuorese ne rappresenta il caso emblematico, e da ultimo, l’accorato appello di Roberto Deriu, Consigliere Regionale della Sardegna, in forza al Partito Democratico, ne descrive puntualmente la sintesi sulla propria pagina Facebook, offrendo l’immagine purtroppo realistica di un presidio oramai quasi “incapace”, per carenza strutturale, di offrire qualsivoglia efficiente prestazione (malgrado l’impegno incessante del personale organico presente, costretto a turnazioni massacranti) con gravissimo rischio per la salute dei potenziali utenti ma anche degli stessi operatori in loco.

Mi domando sinceramente cosa si attenda ancora, anche perché sarebbe profondamente ingiusto, per non voler dire illegittimo ed incostituzionale, pretendere che i Sardi possano “fare buon viso a cattiva sorte” e rivolgersi gioco-forza al “Servizio Sanitario Privato” (quanti possano ovviamente) quale nuova frontiera della medicina specialistica, con tutto ciò che lo stesso comporta non solo sul piano economico, ma anche e soprattutto sul piano della parità di diritti nell’accesso alle cure. Principio, quest’ultimo, che da troppo tempo, sembra essere stato degradato alla stregua della carta straccia da “differenziare” con cura.  

Sia chiaro un concetto: un Servizio Sanitario gratuito che possa assicurare prestazioni apprezzabili ed efficienti alla portata di tutti i cittadini è una conquista da preservare, da tutelare avverso ogni aggressione “interna” ed “esterna” che pretenda di piegarlo alle rigide regole speculative di un mercato privo di scrupoli siccome mirante a conseguire il massimo profitto sulla pelle del “piccolo”. Si tratta né più né meno che di una priorità strategica, soprattutto a livello perimetrale sardo, ove l’immobilismo decisionale del livello politico di diretto ed immediato riferimento e, sembrerebbe, l’inadeguatezza sul piano pratico rispetto ai più elementari meccanismi del “problem solving”, parrebbero sunteggiare gli esiti di una equazione priva della corrispondenza che dovrebbe essergli propria.

Sarebbe onesto mostrare quanto meno un minimo di chiarezza: esistono fondi da destinare allo sviluppo, al potenziamento, alla crescita del comparto sanitario regionale? Se esistono, e sono di pronto utilizzo, perché non vengono destinati allo scopo? E se no, perché la Regione non provvede a reperirli e/o comunque ad attivarsi fattivamente con spirito partecipativo a rinvenire soluzioni alternative che possano temporaneamente porre un argine al degrado di un Servizio “vitale” per l’esistenza stessa di una Comunità che voglia definirsi tale? Perché il divario tra il Sistema Sanitario isolano e quello peninsulare è a tal punto distonico ed incoerente?

Sono interrogativi quasi banali, ma, a quanto pare, tutt’altro che scontati. Intanto, perché, qualunque possa essere la ragione di questo immobilismo (ma non paiono esservi ragioni che tengano), il dato di fondo non muta: il diritto di ogni essere umano a ricevere una prestazione sanitaria gratuita sul proprio territorio di riferimento, fin dal momento della sua erogazione, è sacrosanto ed incontrovertibile, e non può in alcun modo essere derogato neppure per “discriminazione decisionale e valutativa” politica.

Quindi, perché ogni eventuale decisione sul “quantum” da stanziare per l’erogazione del Servizio non può riflettersi in danno dell’utente che sulla “non erogazione” proprio di quel Servizio continua a versare tasse salate al di là delle proprie potenzialità. Inoltre, perché, il fatto stesso che lo Stato, nella sua articolazione Centrale, abbia pensato di delegare alle Regioni anche i poteri in materia sanitaria, non significa che quella delega debba necessariamente tradursi in “autonomismo” ideologico spicciolo utile (si fa per dire, perché oramai non pare crederci nessuno) alla propaganda elettorale, ma inadeguato sul piano contingente per non aver in alcun modo rinvenuto la propria ragione d’essere sul piano attuativo. Infine, perché nella nostra Isola, sembra difettare a monte un programma ospedaliero calibrato sulle specifiche esigenze del territorio e dimensionato, all’occorrenza, attraverso la equa “compensazione” tra “pubblico” e “privato convenzionato” (la stessa formulazione dell’articolo 32 della Costituzione sembra consentire, allo stato, la realizzazione coerente di una formula di tal fatta), ove il ruolo di quest’ultimo sia comunque relegato alla residualità di immediata e pronta emergenzialità secondo un mutuo rapporto di compenetrazione necessaria.

Intendiamoci: sono consapevole, e non potrebbe essere altrimenti, che in Italia la gestione del Servizio Sanitario è complessa e distonica, e questi due anni di pandemia ne hanno messo a nudo tutte le “falle”; sono anche consapevole, come credo tutti noi, che il Servizio Sanitario Nazionale sembra essere divenuto la somma incoerente dei diversi sistemi regionali ove, in tanti casi, probabilmente nelle realtà territoriali più floride, il “Sistema Privato” sembra essere divenuto, per volontà implicita dei vari decisori politici, la risposta al processo di progressivo e programmato depotenziamento di quello “Pubblico”, mortificato nel corso degli anni da “tagli” ingenti al suo finanziamento.

Ma nessuna forma di consapevolezza può mai costituire supina accettazione di formule pre-imposte, o calibrate su altre realtà, che si riverberino in danno della popolazione. La Sardegna, per farla breve, non è la florida Lombardia, maestra di eccellenze e motore d’Italia. La discrezionalità nella gestione del Servizio, ed il continuo rimpallo di responsabilità tra i diversi livelli di governo, non possono costituire il pretesto giustificativo dell’immobilismo decisionale. Tradotto in soldoni: a che Santo devono rivolgersi i Sardi per poter godere di un Servizio essenziale alla stessa sopravvivenza? Si è capito o no che l’emergenza concerne non solo i contagi e i ricoveri da Covid-19 ma anche, e soprattutto, l’esigenza di offrire risposte immediate alle necessità di quanti, per qualsivoglia altra patologia o malessere, debbano ricorrere alle cure o essere sottoposti a visita?

Finiamola una buona volta con i “selfie”, gli “smile” ed i “like” di circostanza. La politica deve riacquistare la propria dignità, e di certo, come chiunque di noi può ben comprendere, la campagna elettorale più efficace è solo quella che si fondi sulle azioni. A cominciare da adesso. “Del doman non v’è certezza” (cit. Lorenzo dé Medici, Trionfo di Bacco)

Giuseppina Di Salvatore – avvocato, Nuoro

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