La Sardegna è anemica, e a negarle il sangue è la pandemia da Covid-19: molti donatori sono contagiati, così nell’Isola manca il sangue non soltanto per le trasfusioni ai talassemici, ma anche per gli interventi chirurgici e quest’emergenza, che si fa sempre più grave da giugno dell’anno scorso, sta pesando troppo. Oltretutto, chi il sangue ce l’ha sempre regalato – cioè le regioni come il Piemonte e la Lombardia, ma ce ne sono altre – a sua volta fa i conti con scorte insufficienti e quindi all’Isola hanno tagliato parte delle forniture. Un accordo chiuso con il Friuli Venezia Giulia porterà 1.500 sacche di sangue l’anno in Sardegna e questo conforta, ma resta il fatto che il solo Piemonte ce ne sta tagliando cinquemila. Considerato che nell’Isola ci sono 1.200 talassemici (compresi centinaia di bambini) che hanno necessità di due-tre sacche ogni 15-20 giorni, e a volte si devono accontentare di una e quindi risfidare la sorte pochi giorni dopo, le sale operatorie si bloccano.

La spia della riserva

Lo sanno bene negli ospedali, ad esempio all’Arnas Brotzu di Cagliari, che ha un importante centro trasfusionale: «Le scorte di sangue sono in riserva», sospira Giuseppe Dessì, direttore del dipartimento di Emergenza-urgenza e di Ortopedia-Traumatologia al San Michele, ospedale capofila dell’Azienda, «e come dappertutto stiamo privilegiando le urgenze, soprattutto i traumi della strada, che non sono prevedibili». Maria Antonina Sebis, che da Arbus presiede la onlus Thalassa Azione, lo dice senza filtri: «Un disastro, siamo tornati alla situazione di quarant’anni fa. A diversi di noi capita di presentarsi negli ospedali per la trasfusione ed essere respinti perché non hanno sacche, quindi si deve ritentare il giorno dopo: è disumano». Sebis parla di situazione difficile in tutta l’Italia: «Lo conferma in un comunicato il Centro nazionale sangue, oltre che il taglio delle forniture dalle altre regioni».

Le cause del disagio

Ma perché non c’è sangue? I problemi sono diversi, primo fra tutti il fatto che i donatori sono scoraggiati: temono che, in pandemia da Covid-19, andare a compiere l’atto di altruismo sia troppo complicato per via delle regole d’accesso negli ospedali. «Fosse solo questo», si scoraggia Vincenzo Dore, presidente regionale dell’Avis e sindaco di Torralba: «Ostacola la raccolta il fatto che molti donatori sono positivi al Covid, ed ecco perché l’emergenza è nazionale. Inoltre non si trovano più medici per le autoemoteche, quindi dobbiamo ridurre le uscite: i medici liberi non lo sono più da quando li hanno reclutati nei centri vaccinali o negli ospedali», aggiunge Dore, «e trovare tutti quelli che occorrono per le autoemoteche è complesso».

E a questo punto irrompe di nuovo la presidente di Thalassa azione: «Perché la Regione», chiede Sebis, «non organizza una campagna di sensibilizzazione per donare il sangue, considerato che siamo in emergenza? E perché centri trasfusionali come quello del Brotzu restano chiusi il sabato e la domenica, cioè nei giorni in cui i donatori sono liberi dal lavoro? Se il sangue non si raccoglie, non stupiamoci se poi non ci sono scorte».

(Unioneonline)

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