Un prestanome, su tutti. Il principe dei prestanome, a disposizione di colui che si è autoproclamato "viceré di Sardegna". Avrebbe soprattutto risvolti comici la nuova intercettazione (contenuta tra le 800 nuove pagine depositate mercoledì dalla Procura romana nell'inchiesta P3 ed eolico) che svela i contorni degli affari di Flavio Carboni, se non si trattasse di un racconto chiaro e analitico di quelle che sono le attività del faccendiere sardo. Rivelazioni che il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli, davanti al Tribunale del Riesame, metteranno oggi al centro della loro richiesta di conferma della custodia cautelare in carcere per Carboni.

L'INTERCETTAZIONE È il 26 giugno 2009 quando Riccardo Piana, principale collaboratore dell'uomo d'affari di Torralba, rivela a un interlocutore telefonico (tale Travagliati) di essere il gestore di tutti i beni patrimoniali di Flavio Carboni.

Più nel dettaglio Piana sostiene di condurre la gestione della discarica di Calancoi, dei terreni di Porto Rotondo e di quelli di Cala di Volpe. Sempre lui aggiunge di essere a conoscenza degli immensi capitali all'estero riconducibili a Carboni e di essere consapevole che tali profitti sarebbero il frutto della parte più scura della finanza italiana: «Lo faccio da 15 anni, non da ieri, quindi è un'amicizia storica che c'è tra me e Flavio. Siccome io l'ho aiutato quando nessuno lo appoggiava per il crack dell'Ambrosiano, lui è stato riconoscente. Rimane ancora, che piaccia o no, soprannominato il viceré della Sardegna, voglio dire quindi è lui che determina tante cose, io gestisco dei suoi beni e dei suoi asset. Erano 125 società prima del casino, ora l'unica cosa è svincolare questi capitali immensi che ha bloccato in giro per il mondo, perché è stato più fermato che altro».

GLI AFFARI Carboni soldi ne maneggia di continuo. E tanti. Le carte depositate mercoledì, utili alla Procura in vista dell'udienza in programma oggi al Tribunale del Riesame sull'istanza di scarcerazione di Flavio Carboni e Pasquale Lombardi, sono piene di cifre e passaggi di denaro.

IL PRESTITO Il più imbarazzante è quello che il senatore del Pdl Marcello Dell'Utri (a sua volta indagato nell'inchiesta P3) ha confidato appena un mese fa a Cristiano Ragni, gallerista forlivese amico del faccendiere sardo: «Andai a trovarlo nel suo ufficio al Senato - ha raccontato lo scorso 24 settembre il mercante d'arte ai carabinieri - per chiedergli cosa pensasse della situazione di Carboni. Mi rispose che occorreva aspettare che uscisse dal carcere. Disse anche di essere preoccupato per un prestito di 120 mila euro fattogli da Flavio e non interamente restituito. Diceva che c'era il rischio che quel flusso di denaro potesse essere rintracciato e che, nel caso, non avrebbe avuto la possibilità di giustificarlo».

I FAVORI A questo incontro, sempre nell'ultimo mese, ne sarebbe seguito un altro a Milano, voluto sempre da Ragni al fine di ottenere dal senatore Dell'Utri un vertice con il presidente di un istituto che gestisce immobili di edilizia popolare a Milano. Appuntamento chiesto per conto dell'altro forlivese Alessandro Alberani (a sua volta a lungo in contatto con Carboni), interessato alla vendita di alcuni appartamenti di sua proprietà. ANTHONY MURONI
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