Lo squarcio sul terreno è megalitico. Profondo come un buco nero lunare, impressionato a colpi di bulldozer sulle pendici del Marganai, il grande monte che si staglia imponente sulla piana del Cixerri, un tempo terra di miniere e campi arati. La strada è quella che collega la direttrice Cagliari-Iglesias con le grotte di San Giovanni, dalla notte dei tempi considerato il più grande “budello” geologico d’Europa. Il crocevia è tra Domusnovas e la fabbrica tedesca di bombe, fra tratturi bagnati da un reticolo idrografico copioso e distese di pascoli fiorenti. Quando arrivi sul posto il corso d’acqua è in piena, interrotto alla "bell'e meglio” da pietre rudimentali posizionate in mezzo al guado per l’attraversamento di mezzi pesanti destinati alla grande colata di cemento.

Disco volante “armato”

Lo scavo è ciclopico, dentro hanno già adagiato un “disco volante” di “tondini” di ferro, intrecciati per reggere un “grattacielo d’acciaio” da 66 piani, 200 metri d’altezza, con tanto di pale rotanti da conficcare impunemente in quel proscenio unico ed incantato. La chiamano “energia rinnovabile”, in realtà se la traguardi con i numeri del cemento armato iniettato in quella fondazione dall’aspetto lunare ti accorgi che l’affare è tutto incentivi e devastazione ambientale.

Circondati

Quando le “giraffe” per il getto di quella montagna di 1.350 metri cubi di calcestruzzo arrivano sul posto si ha la percezione di essere in “guerra”. Quindici mezzi, tra betoniere e mezzi speciali, che accerchiano simultaneamente l’area, come se dovessero violentarla irreversibilmente. È una guerra contro il tempo: da una parte le autorizzazioni regionali in scadenza, dall’altra la violenza inaudita che si consuma sul quel patrimonio paesaggistico destinato a schiantarsi sull’altare del denaro, quello che a piene mani si macina anche con il vento dell’Iglesiente.

Drone verità

Il progetto è uno dei tanti, ma questo è il primo che si infligge sul fronte del Marganai, l’unico assalto che non ha fatto in tempo a passare inosservato nelle fasi più cruente della sua costruzione. Sono quelle immagini scattate dal drone a rendere chiaro quel che succede in terra di Sardegna ad ogni pala che si conficca tra promontori e paesaggi esclusivi. Fotogrammi che parlano da soli, capaci di impressionare il disastro come nessuna parola potrebbe raccontare. Uno dei tanti assalti all’Isola consumati nel silenzio degli uffici della Regione, “apparentemente” autonoma, della Sardegna, con il sito della trasparenza dell’Assessorato dell’Ambiente concepito per rendere tutto oscuro e inaccessibile. La società proponente arriva direttamente dalle pendici piemontesi delle Alpi, come se lì di vento non ce ne fosse. Il nome è impresso a caratteri cubitali in ogni copertina del nuovo assalto: “Esna srl”, sede operativa a Ceva, 5.834 abitanti, provincia di Cuneo, sede fiscale a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria. Dovevano costruirne sette di pale eoliche. Il progetto iniziale è datato 7 ottobre del 2013, undici anni fa. Poi, nella scansione temporale, è successo di tutto e di più. La prima autorizzazione regionale è del 2016, impianto eolico da 23,1 megawatt. Per cinque anni i signori di “Esna” spariscono, ricompaiono il 6 agosto del 2021 con una richiesta di modifica del progetto: la fornitrice delle pale eoliche per il Marganai, la Vestas, ha cambiato scala di potenza. Niente più pale “piccole”, ma solo ciclopiche: si passa dai 3,3 megawatt a 6 megawatt ciascuna. Il pilone centrale diventa di 119 metri e il diametro del rotore 162 metri. Ogni megawatt di quelle macchine “spazzavento” è una slot machine. E i piemontesi lo sanno bene. Il sei settembre del 2021 la Regione sarda, sempre più incurante dell’impatto di quei grattacieli sullo skyline del Marganai, esclude nuove valutazioni di impatto ambientale e rinnova l’autorizzazione con il cambio di aerogeneratori. Il 27 giugno del 2022, però, come se fosse uno scherzo, la “Vestas" rimpingua ulteriormente la potenza delle pale. Figuriamoci se i “figli” dei Savoia si lasciavano sfuggire l’opportunità di “strafogare” negli incentivi di Stato. La richiesta alla Regione, anche in questo caso, è un campo di velluto: via libera alle pale ancora più potenti, 6,8 megawatt. I lavori, però, non iniziano ancora. Ci sono da negoziare le elemosine con i comuni di Domusnovas e Musei. Le chiamano compensazioni, in realtà sono “salamelecchi” anche difficili da raccontare.

Tubi d’oro

In cambio di quel paesaggio deturpato per sempre, Musei, per esempio, aveva ottenuto l’impegno alla piantumazione di un uliveto di 21 ettari. Peccato che nel frattempo l’amministrazione comunale abbia fatto da sè. La rinegoziazione delle compensazioni tra i signori del vento e il Comune è roba da Corte dei conti. Esna, infatti, si dichiara, disponibile a “regalare”, al posto dell’uliveto, un tratto di “acquedotto agricolo” per un costo complessivo di 226 mila euro.

Progettisti da Dubai

Peccato, però, che il computo metrico sia stato redatto ipotizzando progettisti da mille e una notte e “tracciatori” di condotte che nemmeno a Dubai costerebbero così tanto. Bastino alcuni esempi: per quei “quattro tubi di pvc” da 9 centimetri di diametro per 1.700 metri di lunghezza prevedono di spendere complessivamente 226 mila euro, di cui 45 mila euro di progettazione e direzione lavori, 35 mila euro per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, 10 mila euro per la “tracciatura condotte”, 15 mila euro per baracche e cartellonistica, 20 mila euro per la preparazione delle aree, 65 mila euro di scavi e rinterri, 16 mila euro di tubi, 10 mila euro di collaudi, 10 mila euro di disegni finali del “capolavoro” dei tubi.

Elemosine & milioni

Tra i dettagli si legge: il Comune scrive che «la condotta sarà posata su strade comunali». Nel computo metrico, invece, per “tracciare” quei 1.700 metri di tubi da “posare” in una cunetta pretendono sei euro al metro, quasi quanto costa un metro di quel tubo. Ultima nota, quei tre “grattacieli” eolici, faranno guadagnare ai piemontesi due milioni e 800 mila euro all’anno, da moltiplicare per almeno 20 anni, ovvero 56 milioni di euro. Ai sardi i tubi di pvc, spacciati come fossero d’oro, ai signori del vento, invece, milioni a gogò.

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