Negli ultimi sette giorni in Sardegna sono stati 55 i morti a causa del coronavirus, nove solo ieri. In tutta Italia invece si registra una decrescita nella curva dei contagi e delle vittime, ma non è la prima volta che nell’Isola si verificano con un certo ritardo effetti che altrove si vedono prima, come spiega Giovanni Sotgiu, epidemiologo: “Quando l'ondata è ripartita nel Nord Est, noi eravamo in una situazione di relativa tranquillità, tanto che siamo stati gli ultimi a cambiare fascia di colore. Una condizione che alcuni avevano provato ad attribuire al comportamento più virtuoso dei sardi, ma ovviamente non era così”.

Alla base di questo sfasamento temporale c’è l’insularità: “I focolai sono esplosi nella parte orientale del Paese, per i contatti stretti e i collegamenti con altri territori, poi sono arrivati anche in Sardegna, prima Delta poi Omicron, con l'aumento dell'incidenza, a seguire il carico sui servizi sanitari, infine i decessi. Insomma, siamo in coda, anche noi avremo una decrescita. Quando? Non possiamo dirlo con certezza”.

Nell’Isola le vittime sono ancora tante ma, aggiunge Sotgiu, “non sono in numero maggiore rispetto alle altre parti d'Italia e del mondo. Ovunque si sia verificata un'impennata di casi, c'è stata un'elevata mortalità. Ora c'è stata la narrazione che quest'ultima fosse una forma lieve, in realtà – come riporta anche il New England Journal of Medicine – la severità di Omicron è rapportabile a quella di Delta. Ma i vaccinati con tre dosi sono stati aiutati dalla protezione immunitaria”.

La paura è comunque “che ci sia la percezione che ormai ne siamo fuori”.

(Unioneonline)

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