Il piano c’è, sulla carta,. Ora deve essere tradotto in azioni concrete entro i tempi stabiliti. Anche se già emergono le difficoltà: il personale non sarà sufficiente e i soldi sono da trovare.

La giunta regionale (guidata dal vicepresidente Giuseppe Fasolino) ha approvato il “provvedimento generale di programmazione dell'assistenza territoriale”, che ridisegna il sistema dell’offerta sanitaria dell’Isola. Settanta pagine di programmi per i quali sono state anche previste delle scadenze. 

I presupposti per la progettazione sono due. Il primo: la popolazione sarda è sempre più vecchia. Due: “In un territorio così vasto e scarsamente popolato”, si legge, “la rete viaria non è adeguatamente strutturata per garantire un rapido collegamento tra le diverse aree geografiche, con importante impatto sull'accesso ai servizi pubblici ed in particolare a quelli socio-sanitari”. 

L’obiettivo principale quindi è quello di avvicinare i medici e alla popolazione e cercare di non far finire tutti in ospedale, quindi nei centri maggiori. 

La Regione si è autoimposta un termine entro il quale concludere tutti gli interventi: dicembre 2026. Ma in cosa consiste il piano? 

Innanzitutto punta alla “implementazione della gestione integrata del paziente attraverso il potenziamento dell’integrazione ospedale-territorio e l’attivazione dei percorsi assistenziali”. 

Dovrebbe succedere attraverso la “predisposizione di protocolli operativi condivisi per lo sviluppo di modelli e strumenti atti a garantire la continuità delle cure per il paziente cronico e in particolare durante la transizione tra i diversi livelli di assistenza” e la “formazione continua dei team multidisciplinari”. 

Poi nasceranno ulteriori “case di comunità”, ossia “strutture ausiliarie territoriali del Servizio sanitario regionale, che raccolgono l’offerta extra-ospedaliera del servizio sanitario, integrata con il servizio sociale”. Ne sono previste ulteriori 55, rispetto alle 14 già esistenti:  50 da finanziare attraverso il Pnrr, mentre le restanti 5 attraverso ulteriori risorse ancora da trovare. Saranno anche la “sede privilegiata dove trovano collocazione, in uno stesso spazio fisico, i servizi territoriali che erogano prestazioni sanitarie e sociali prevedendo inoltre la presenza dello psicologo di cure primarie, al loro interno quale contesto ideale per la realizzazione di punti di ascolto”. 

Si punta anche sull’attivazione di 24 Centrali operative territoriali entro il 31 dicembre del 2023. Si vogliono così ridurre “gli accessi impropri al pronto soccorso, l’inappropriatezza dei ricoveri ospedalieri e le giornate di degenza inappropriate”. 

Entro il 31 dicembre del 2026 la Regione vuole aprire anche 33 ospedali di comunità che avranno una “funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, al fine di evitare i ricoveri impropri e di favorire le dimissioni protette in luoghi più idonei ai bisogni di cura dell’assistito e più prossimi al domicilio”. 

Fin qui le intenzioni. Ma la giunta è consapevole anche dei limiti, suoi e del suo bilancio. Tanto che nel documento si parla anche di “criticità”.  Che “sono legate all’entrata a regime della riforma” del sistema sanitario sardo,  “e ai processi di approvvigionamento del personale che, al momento, non risulta sufficiente a garantire la copertura totale dei servizi sul territorio”.

In più, la regione paga tutto il suo sistema sanitario dal 2008. E “all’epoca non si era tenuto conto dei maggiori oneri derivanti dal potenziamento della rete territoriale che, al momento, devono essere reperiti a valere sul bilancio regionale”. 

(Unioneonline/E.Fr.)

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