Ci saranno 45 case di comunità, 13 ospedali di comunità e 16 centrali operative territoriali; poi saranno riorganizzati i posti letto negli ospedali; il sistema sarà interamente integrato e tutto sarà monitorato a ogni tassello. Il punto chiave è avvicinare le cure ai cittadini, dunque, dare risposte concrete alle malattie, alle denunce, all’inquietudine, all’agitazione che esplodono ogni giorno in ogni angolo dell’Isola.

La riforma della sanità decollerà il primo gennaio, dice Solinas, e “contribuirà a creare, aggiustare e sviluppare la grande rete della salute dei sardi".

I pilastri

Una riforma – ha spiegato il governatore – fatte di tre pilastri: una nuova governance, «che porterà le diverse aziende sanitarie ad avere come impegno soltanto la presa in carico del paziente, solo la prestazione sanitaria, mentre tutte le incombenze amministrative faranno capo a un’azienda centralizzata, che potrà realizzare economie di scala e soprattutto liberare il personale medico dalla burocrazia che lo distoglie dalla sua missione principale, quella sanitaria».

Dopo, sarà attuata la riforma della medicina territoriale, «perché se non si restituisce al territorio la possibilità di avere dei filtri, di curare la cronicità, di evitare ospedalizzazioni inappropriate, non ci ci sarà mai un equilibrio tra sistema ospedaliero e sistema territoriale».

Terzo: la riorganizzazione della rete ospedaliera, «con la ripartizione più efficace e più efficiente dei posti letto sulle differenti specialità».

La bozza

Nessuno ancora l’ha vista, ma l’assessore alla Sanità Mario Nieddu assicura: «La stiamo ultimando, appena sarà terminata, in brevissimo tempo, la daremo a tutti i portatori d’interesse, soprattutto all’Anci e ai Comuni, per un ampio confronto. Ci sarà un importante cambio di passo, puntiamo sulla sanità vicina alle persone». 

I numeri

La quantità di strutture è stabilita dall’Agenas. «Avremo una Centrale operativa territoriale ogni 100mila abitanti; una casa di comunità ogni 35mila circa (sono quelle che oggi si chiamano case della salute, e ne abbiamo diverse già attive) e un ospedale di comunità ogni 120mila», sottolinea l’assessore. «Alcune strutture esistono già, altre sono da ristrutturare e riadattare, altre dovranno essere costruite ex novo. Per tutto questo avremo i fondi del Pnrr».

Anche chi vive in un piccolo paese, isolato e con strade sconnesse, deve trovare vicino a casa un punto di riferimento e di ascolto. «Le case di comunità saranno abitate da medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti, infermieri, assistenti sociali, psicologi», aggiunge Nieddu.

Il terzo passaggio

Poi la rete ospedaliera, in cui vanno rispettati gli standard di posti letto (oggi 3,7 ogni 1.000 abitanti), i bacini minimi per ciascuna disciplina e la stesura di piani pandemici regionali, con meccanismi per espandere l’offerta delle terapie intensive e sub-intensive in caso di nuove emergenze epidemiologiche.

(Unioneonline)

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