Spine aguzze e denti affilati, tutti i pericoli del mare
Organismi acquatici che l'evoluzione ha dotato di sofisticati strumenti d'offesa e di difesaDenti aguzzi e spine acuminate. E poi i dardi, quei filamenti avvolti a spirale dentro minuscole ampolle che all'occasione, quando il nemico si avvicina troppo (uomo compreso) si raddrizzano improvvisamente per iniettare la tossina nel corpo della vittima. Sono armi. Naturali ed efficaci, tremendamente efficienti, come la neppure la più sofisticata tecnologia riesce probabilmente ad emulare.
Se le portano dietro diversi abitanti del nostro mare. Murene, tracine, meduse, attinie, ricci. Organismi acquatici che l'evoluzione ha dotato di sofisticati strumenti d'offesa e di difesa per proteggerli ma anche di trasformarli in perfette "macchine di guerra" (e di morte) per aver ragione delle loro prede. Uomo compreso.
Sia chiaro, nelle nostre acque (intese come mare di Sardegna) non ci sono animali capaci di iniettare un veleno mortale, ma quelle tossine possono comunque far davvero male. E creare serissimi problemi se la persona punta non è in perfetta salute. Resta il dolore, a volte insopportabile, sprigionato da un rapporto troppo ravvicinato con questi animali portatori di tossine.
Lo sanno bene i bagnanti che hanno vissuto l'esperienza di una puntura di tracina, i subacquei che desiderosi di una bella preda si ritrovano a tu per tu con una grossa aragna (come nell'Isola si chiama la tracina) dal carattere non propriamente accondiscendente. Il consiglio per evitare guai: stare alla larga. E comunque sempre molto attenti quando, una volta colpita, si deve estrarre dalla fiocina o dall'arpione. Esattamente come attenzione massima si deve avere nell'analoga operazione con gli scorfano o i trigoni. Per non parlare delle murene, che se ferite cominciano a scatenassi fino a mordere le loro stesse carni.
Esempi magari rari ma pur sempre possibili. Reali. Confermati dalle statistiche. Come reali sono le conseguenze (forse ancora più serie) quando gli organismi marini diventano cibo. Cozze, vongole. Divorarle crude è un errore che si può pagar caro. Questi mitili e questi molluschi vanno sempre acquistati in pescherie e centri commerciali affidabili. La loro provenienza deve arrivare da acque non inquinate e devono essere sottoposti a una periodo di trattamento negli stabulari per eliminare del tutto possibili batteri patogeni. L'epatite è dietro l'angolo, come lo è il rischio (ben più frequente) di un'intossicazione con relativi mal di pancia, diarrea e vomiti.
Torniamo ai pesci.
Tracina, dal greco Dràcaina, femmina di drago. La semantica aiuta a comprendere il carattere morfologico di questo abitante dei fondali sabbiosi dalle carni ottime ma dal brutto carattere. Perché bruttini, questi pesci, lo sono davvero. Il loro veleno provoca un dolore lancinante. La biotossina, di colore bluastro, molto simile al veleno dei serpenti, produce un'azione emolitica (distruzione dei globuli rossi del sangue), febbre, tachicardia. Per nostra fortuna è termolabile. Può essere, cioè, resa inefficace dalle alte temperature. Bisognerebbe così immergere la parte offesa in acqua calda, anche se è sempre opportuno rivolgersi al più vicino pronto soccorso per scongiurare l'insorgere di fenomeni patologici ben più gravi.
Dal medico è meglio recarsi anche nel caso di puntura inferta dal pesce prete (Uranoscopus scaber), che i pescatori inglesi chiamano "Star-gazes", il pesce che guarda le stelle per la tipica posizione degli occhi rivolti verso l'alto.
Gli antichi Romani, veri buongustai, la chiamavano "Elena". E di murene ne erano ghiotti, tanto da aver creato veri allevamenti da cui attingere il "cibo" prediletto.
Curiosità. Raccontano le leggende di vasche stracariche di murene fameliche, dove i diretti discendenti di Romolo, duemila anni fa, gettavano gli schiavi ribelli. Niente di più falso. Le vasche c'erano eccome, ma appunto per semplici capricci alimentari.
E denti aguzzi, taglienti delle murene non sono cavi come quelli dei serpenti. Le tossine si trovano nella bocca, nella saliva Anche nel sangue come in tutti i peschi serpentiformi, anguilla e grongo compresi. Il morso di "Elena" è lacerante, il veleno provoca convulsioni, disturbi respiratori, a volte convulsioni.
Restano le meduse, a completare l'elenco delle specie insidiose per l'uomo. Sono dotate di ampolle al cui interno è avvolto a spirale un minuscolo aculeo che a contatto con la cute umana scatta in avanti e inietta la sostanza urticante. Esattamente come avviene negli anemoni di mare.