Blitz della Digos, questa mattina a Cagliari, nell’abitazione di una giovane attivista antimilitarista accusata di aver preso parte alla manifestazione contro le basi militari del 20 maggio, culminata  davanti alla sede del comando dell’Esercito in Sardegna: la facciata dell’edificio era stata bersagliata con lanci di vernice rossa che aveva preso fuoco dopo l’accensione di alcuni fumogeni. 

Gli agenti hanno effettuato una perquisizione su mandato del pm Emanuele Secci: sono stati portati via telefono e Pc che, secondo l’accusa, potrebbero contenere video o foto del corteo culminato con le fiamme di via Torino, nel quartiere della Marina. Stando ad alcune testimonianze, l’attivista quella sera aveva un cellulare col quale avrebbe ripreso la scena. Gli inquirenti sperano di trovare materiale informatico utile a ricostruire l’accaduto. 

Le accuse per l’attivista, difesa dall’avvocato Carlo Monaldi, sono pesanti: danneggiamento seguito da incendio, con l'aggravante di associazione terroristica, imbrattamento e manifestazione non autorizzata. Reati che, per l’accusa, sarebbero stati commessi con un numero imprecisati di altri partecipanti. Alcuni di loro, stando a quanto si apprende, avrebbero ricevuto un invito a comparire. 

L’azione dimostrativa della primavera scorsa non è mai stata rivendicata da alcuna sigla. In un primo momento si era pensato al lancio di una molotov: fiamme e cocci di bottiglia a terra erano stati considerati indizi inequivocabili. Ma pare che il fuoco fosse partito da un fumogeno, che aveva fatto reazione con la vernice contenuta nelle bottiglie scagliate contro la facciata. 

Enrico Fresu 

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