L a crisi è entrata nella sua seconda fase, quella dove i tempi li detta il Quirinale e i passaggi istituzionali pesano. Oggi il secondo giorno di consultazioni ci darà i primi segnali dal futuro, Mattarella ascolterà i leader che contano. Ci eravamo lasciati qualche giorno fa qui su L'Unione Sarda con una previsione che si è materializzata: Conte si è dimesso prima del voto di fiducia, i Cinque Stelle e il Pd apparecchiano una trattativa. Andrà in porto? Tutto è possibile, le elezioni anticipate restano un'opzione e siamo al "fifty fifty" tra le due vie. Una sarà il finale di questo racconto.

Il centro del maelstrom è il Partito democratico, l'innesco del nuovo esecutivo passa per i dem. Il segretario Nicola Zingaretti ha giocato con tatto istituzionale e prudenza questa mano della partita: ieri ha riunito la direzione, discusso e proposto un ordine del giorno, ottenuto un via libera all'unanimità. Nel documento della segreteria vengono elencate cinque condizioni (una discontinuità non formale, ma di contenuto) che sono un doppio avviso ai naviganti: fissare all'interno del Pd chi guida il negoziato e con quali obiettivi (avviso a Matteo Renzi), dire ai Cinque Stelle che il Pd non si presenterà al Gran Premio del governo per sostituire il team della Lega (avviso a Luigi Di Maio) con un paio di ministri e via.

Zingaretti si gioca tutto: non può dire sì a un governicchio del caos e non può esporre il fianco a Renzi. L'ex segretario ha mostrato di esser uno che ha sempre il colpo in canna, ma ha svelato il suo vero disegno con la solita irruenza e imprudenza, parlando qua e là ne sono emerse le reali intenzioni: controllando i gruppi parlamentari Renzi ha il potere di far nascere il nuovo governo oggi, ma soprattutto può affondarlo domani. La sua golden share è un problema per Zingaretti che non può rischiare di sostenere un governo debole che dipende dai disegni di Renzi. Una trappola mortale.

Come se ne esce? Alzando la posta, mettendo alla prova i Cinque Stelle e superando Renzi in qualità e intensità della sortita politica. Significa che non c'è spazio per un Conte bis, altro giro, altra corsa, altro pilota. Il premier ha provato a rifarsi il trucco nel discorso al Senato dove ha attaccato Salvini, ma non poteva presentarsi come un alieno, Conte ha governato per quasi 15 mesi al fianco del leader della Lega. I grillini sono di fronte alla realtà: il Pd vuole un governo nuovo. Senza Conte. Senza Di Maio. Altrimenti si andrà al voto.

Salvini ha fallito? Le crisi si giudicano alla fine, non all'inizio. La crisi è andata - come sempre - da un'altra parte rispetto ai piani del leader della Lega (le elezioni) che ha mostrato limiti nella tattica parlamentare, ma egli ha un grande consenso e sa che un governo di maggioranza nelle Camere e di minoranza nel Paese è destinato a una vita dura, quasi impossibile.

Salvini ha più chance di quanto si immagini: può attendere sulla riva del fiume che tra qualche mese passino le spoglie di un governo giallorosso consumato dalle liti interne (incubo che alimenta la prudenza di Zingaretti) e poi andare al voto; può attendere che la trattativa fallisca, aspettare il clamoroso rientro alla base lunare dei Cinque Stelle mossi da disperazione e rifare l'alleanza gialloverde; può vedere perfino l'orizzonte del voto anticipato nel caso di una crisi che finisce nel disordine.

Presto vedremo chi vince e chi perde. Questa puntata finisce qui... e l'ultimo chiuda la porta.

Mario Sechi

(Direttore dell'Agi e Fondatore di List)
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