La Sardegna, secondo uno studio effettuato recentemente da una grande banca nazionale, è ai primi posti nel Paese per l'incidenza dell'economia sommersa e illegale nei confronti del suo Pil. Di fatto sarebbe giunta a sfiorarne il 30 per cento, condividendo questo triste primato con altre due o tre regioni meridionali ed allontanandosi significativamente dal dato nazionale, indicato nel 23 per cento. Si tratta di una constatazione assai preoccupante, dato che testimonia delle difficoltà e delle insufficienze dell'economia regolare, proprio perché vi è tra loro - come insegna la storia - uno stretto rapporto di consequenzialità: se una scende, l'altra cresce, e viceversa.

Si ritiene che quel sommerso abbia raggiunto un valore stimabile tra gli 8,5 ed i 9 miliardi di euro, fra lavoro irregolare, spaccio di droghe, usura ed elusione fiscale. Cifra certamente importante che sfugge alla tassazione e, quindi, provoca un danno rilevante alle entrate pubbliche. E che viene pressoché ignorata nelle analisi politiche, nonostante rappresenti, per comune giudizio, la conferma dell'esistenza della grave infermità dell'economia regionale.

Imprese fantasma e lavoro in nero costituiscono tra l'altro gli aspetti principali di questo fenomeno che altera fortemente il mercato, creando delle pericolose fratture sociali. Si può ben comprendere come si sia di fronte ad un problema assai complesso, molto ben mascherato, difficile da inquadrare e, quindi, non facile da affrontare.

Infatti, i quasi quattro miliardi di euro attribuibili al lavoro in nero, pari a circa 25 milioni di giornate lavorative irregolari, non può che destare delle legittime preoccupazioni sulla tenuta della coesione sociale in una regione come la nostra, dove le opportunità di lavoro regolare sono divenute sempre più rare. Così, un impiego in nero o spacciare cocaina verrebbero intese niente altro che delle attività "per la sopravvivenza".

Per affrontare questa che appare come una vera frattura sociale, occorrerebbe mettere meglio a fuoco la conoscenza del fenomeno. In modo da introdurre degli interventi correttivi e delle misure di politica che ne condizionino e ne limitino la presenza. Pur in mancanza di dati certi stante la mancanza di studi appropriati, si può ritenere che le occasioni di lavoro irregolare abbiano avuto un notevole incremento allorché nel settore delle costruzioni si è moltiplicato il ricorso indiscriminato ai subappalti di comodo ed ai pseudo-cottimi, mentre nelle attività d'impresa si è sempre più diffuso quello delle cosiddette esternalizzazioni di funzioni (dalle manutenzioni ai servizi amministrativi ed alle pulizie).

Nel contempo, l'economia regolare ha continuato a perdere sempre più efficienza e competitività, con imprese in gravi difficoltà, per via di bilanci sempre più magri, di organici sempre più ridotti (in meno di 10 anni il numero medio di addetti è passato da 5,3 a 3,1) e mal assistite dal credito bancario.

Per quel che si può intendere, non è che l'eliminazione dell'irregolare e dell'illegale nell'economia possa avvenire solo con i controlli di agenti di polizia e guardie di finanza. Diviene necessario e determinante il dover ridare efficienza e competitività all'economia regolare. Attraverso la predisposizione di interventi di politica economica che la Regione in primis deve e può fare. Ponendosi come obiettivo principale quello di dover irrobustire le imprese, rendendole competitive ed efficienti in modo da assicurare nuovi e stabili posti di lavoro.

Per ottenere questo risultato bisognerebbe innanzitutto eliminare la "lotteria" dei bandi con le loro complesse, criptiche e lente procedure, dimostratasi, nei fatti, del tutto inefficace oltre che spesso ingannevole. Sostituendola con l'introduzione di una semplificazione nelle procedure di accesso ai benefici, da ottenere in maniera automatica. Attraverso la detassazione, l'accessibilità a crediti agevolati o con dei vantaggi premiali al verificarsi di interventi migliorativi (nell'innovazione, negli investimenti, nella crescita). In modo da dare loro, con rapidità e semplicità, quei ricostituenti per troppo tempo negati da farraginose procedure. Così si dovrà proprio alla ripresa dell'economia regolare la sperata decrescita di quella irregolare, ridando così legittimità al lavoro delle decine di migliaia di nostri conterranei ora sfruttati dal mostro del sommerso.

Paolo Fadda

(Storico e scrittore)
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