Non hanno indossato armi, ma responsabilità. Non hanno vinto a colpi di memoria, ma di lucidità etica. A rappresentare la Sardegna nella finale nazionale della Gara di Diritto Internazionale Umanitario non sono stati futuri giuristi, ma adolescenti che sanno distinguere un drone da un diritto, un nemico da un civile, una regola da una vendetta. E questo, oggi, è tutto fuorché scontato.

È la 3A dell’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio dell’Istituto “Scano-Bacaredda” di Cagliari ad aver conquistato il secondo posto nella sfida ideata dalla Croce Rossa Italiana, che ha coinvolto 18 squadre da tutta Italia in una simulazione ad alta tensione di scenari bellici: interrogatori, campi di prigionia, processi per crimini di guerra, gestione di civili sotto attacco.

Chi partecipa alla Gara Diu – attiva dal 2009 – non risolve quiz, ma casi di coscienza. I ragazzi sardi ci sono arrivati dopo un corso – curato dai volontari Cri, specializzati in Diu - sul diritto dei conflitti armati, seguito da un test selettivo. Sei i nomi scelti per rappresentare l’istituto a livello nazionale. A guidarli, la professoressa Alessandra Banchiero, con la supervisione del comitato presieduto da Vittorino Erriu.

Il format è spietato e necessario: per vincere non basta saper citare le Convenzioni di Ginevra, bisogna saperle usare nel caos. Capire come si protegge un prigioniero, cosa significa davvero “bersaglio legittimo”, come si conserva la dignità umana sotto un bombardamento – anche solo simulato.

Il primo posto, conquistato dietro alla Campania, il secondo appunto dalla Sardegna e il terzo dalle Marche, dimostra che a scuola il futuro non si educa solo alla competitività, ma anche al senso del limite. E che esiste un modo per parlare di guerra senza trasformarla in intrattenimento. E oggi gli studenti del Bacaredda sono tornati a casa con una nuova visione.

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