La Commissione Europea ha deciso di avviare l’iter che, se perseguito, porterà all'approvazione della procedura per deficit eccessivo in danno all’Italia dal momento che il Paese, stando alle motivazioni espresse dalla stessa Commissione, e stigmatizzate nella famosa lettera indirizzata al governo, avrebbe violato, come di fatto ha violato, tutti i parametri relativi al debito e al deficit. Vero è che per l’avvio formale di tale procedura, la prima, udite bene, nella storia dell’euro (sappiamo sempre come distinguerci), sarà necessario attendere la decisione degli altri Stati europei, tuttavia il pericolo è oltremodo reale e non va affatto sottovalutato. Ad essere sotto inchiesta, sarebbero, come in effetti sono, le politiche economiche avventate volute da Matteo Salvini e Luigi Di Maio i quali, con Quota 100 e Reddito di Cittadinanza, hanno messo in pericolo la stabilità dell’Eurozona e della stessa Italia.

Scrive precisamente Bruxelles, che dal momento dell’insediamento dei due vicepremier, ovverosia da metà anno 2018, lo spread sarebbe aumentato di 100 punti in sei mesi con un costo di 2,2 miliardi per i cittadini, e altrettanto avrebbe fatto la spesa nel 2019, il cui ammontare evidentemente impedirà all’Italia di stabilizzare l’economia in caso di crisi finanziarie e potrebbe pesare sugli standard di vita delle future generazioni. E sebbene, da una parte, Giuseppe Conte abbia assicurato che farà di tutto per evitare la procedura, tuttavia le sue buone intenzioni scemano nel nulla nel momento stesso in cui i suoi vice, Salvini e Di Maio, nell’affermare il primo che "gli italiani e i (suoi) figli vengono prima di Bruxelles", e il secondo che "è inconcepibile mettere in croce un Paese con 6 milioni di disoccupati", non mostrano invece alcuna apertura in tal senso ma, anzi, si mostrano, almeno così appare, del tutto indifferenti, per non voler dire proprio dolosamente inconsapevoli, rispetto ai possibili effetti pregiudizievoli.

Qualcuno, forse sentendosi forte del risultato elettorale (di sapore Trumpiano) raggiunto in occasione delle ultime consultazioni, e preso da un delirio di onnipotenza, stenta a rendersi conto del fatto che le chiacchere fini a se stesse gridate nelle piazze degli angusti confini nazionali stanno a zero, e che gli atteggiamenti tracotanti finora tenuti ci stanno conducendo proprio nella direzione opposta a quella verso cui si diceva di voler tendere, ossia alla perdita della sovranità nazionale in campo economico condannandoci a diventare una sorta di stato satellite dell’Unione del tutto incapace di autogestirsi e bisognoso, pertanto, di una sorta di amministrazione di sostegno.

Che dire? Davvero un bel risultato! Da Stato Sovrano in posizione di uguaglianza con gli altri Stati europei, quale appunto eravamo prima dell’ingresso del Governo Monti, siamo andati via via mortificandoci fino a diventare uno Stato marginale grazie alle politiche di austerità imposte dalla sinistra prima, la quale si è completamente calata le braghe nei confronti di quella che viene da taluni definita la "Grande Germania", regina indiscussa d’Europa siccome formalmente e sostanzialmente sovrana, e a quelle naif del governo giallo verde poi. E allora che vogliamo fare? Vogliamo continuare con il solito clima di sterile e perpetua campagna elettorale rischiando il tracollo o vogliamo uscire, in qualche maniera, da questo empasse? La scelta tra l’una o l’altra opzione non è solo contenutistica ma anche tragicamente sostanziale e determinante.

Intanto, perché sia che gli Stati europei optino per l’avvio sic et simpliciter della procedura per debito, sia che optino per l’avvio di un negoziato con Roma, di certo per noi italiani arriveranno tempi durissimi siccome, nel primo caso, saremo assoggettati a controlli severissimi nel lungo periodo e, nel secondo caso, saremo tenuti al rispetto di una sorta di piano di rientro che ci metterebbe davvero con le spalle al muro perché, diciamocela tutta, i costi salati ricadrebbero tutti su noi poveri cittadini italiani già fin troppo tartassati.

Quindi, perché Bruxelles, stando a quanto si legge nei quotidiani, nelle sue raccomandazioni, ha chiesto all’Italia, tra l’altro, di correggere la propria condotta fiscale già a partire dall’anno corrente mediante una manovra aggiuntiva da oltre 30 miliardi per il 2020 ponendoci quindi di fronte, ahinoi, al fatto compiuto.

Inoltre, perché fin tanto che esisterà l’articolo 117 della Costituzione nella sua formulazione introdotta con la riforma sinistrorsa del 2001, la quale prevede che il potere legislativo dello Stato è subordinato ai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario nel suo complesso, ovvero Trattati, Regolamenti e Direttive, che assumono quindi valore costituzionale, l’Italia, a differenza degli altri Stati europei che si son guardati bene dall’introdurla, sarà necessariamente subordinata all’Europa così come oggi strutturata.

Infine, perché, di conseguenza, lo Stato Nazionale, con buona pace del nostro ministro dell’Interno, non esiste più da tempo e se davvero si vuole essere Stato sovrano in una Europa finalmente federale, in una accezione moderna del termine, se così la vogliamo considerare, occorre innanzitutto rispettarne le regole e, soprattutto farsi promotori attivi e partecipi di quel processo di cambiamento che viene da più parti sostenuto attraverso l’instaurazione di un dialogo costante e motivato che ci consenta di ridiventare protagonisti del panorama europeo e internazionale.

Arroccarsi nell’idea di Stato sovrano che nei limiti strettissimi del suo territorio di pertinenza può fare leggi, imporre tributi e battere moneta senza mai preoccuparsi di ciò che accade all’esterno è non solo fuorviante, ma addirittura anacronistico e falso, e non si può continuare a sostenerne il concetto solo per cavalcare l’istintivo sentire della gente comune che intravede negli ideali nazionalistici, e in ciò chiaramente errando, il miraggio di una vita migliore. L’unica verità è che le politiche imposte negli ultimi anni dalla sinistra hanno contribuito a rendere effettiva la perdita della nostra indipendenza assoggettandoci a norme scritte solamente per fare gli interessi altrui ma non i nostri.

Dobbiamo, pertanto, iniziare a ricostruire una nuova Italia capace di imporsi al di là degli angusti confini territoriali, e dobbiamo farlo proprio cominciando a gestire questa situazione di rischio con consapevolezza e umiltà. Auspico, quindi, che chi ci governa sia disposto a fare qualche passo indietro per il bene comune, perché se l’obiettivo che si vuole perseguire è oltremodo condivisibile, ossia fare l’interesse primario del paese, è la prospettiva che certamente va riconsiderata perché è fin troppo chiaro che il modus operandi del Capitano è, allo stato, fallimentare e scarsamente incisivo.

Giuseppina Di Salvatore

(avvocato - Nuoro)
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