Non smetteranno fino a quando anche l’ultimo sacco di nylon non sarà rimosso. Recuperato dalla spiaggia che l’immensa “diga di plastica” innalzata nel 1995 aveva tentato di proteggere da una inarrestabile erosione. Le intenzioni e i propositi erano questi: salvare l’arenile che pian piano arretrava, spariva sott’acqua. Quel progetto l’avevano voluto gli allora gestori del Lido (ma anche di altri stabilimenti balneari vittime dello stesso fenomeno), l’avevano consacrato il Demanio e la Regione, autorizzato Soprintendenza e Capitaneria.

I sacchi (di cui nessuno rammenta più il numero esatto ma che le foto d’epoca suggeriscono essere stati migliaia) erano stati piazzati tra la battigia e la spiaggia ma poi, con gli anni e l'avanzare inesorabile del mare erano finiti sotto la sabbia e sott’acqua. Sotterrati anche dai nuovi apporti di sabbia aspirata dal fondale ad alcune centinaia di metri dalla linea di costa e scaricata sul Poetto dalla draga olandese Antigoon durante quello che ben presto venne ribattezzato lo “sciagurato ripascimento”.

Al Lido la bonifica non si ferma. Dall’anno scorso sono già stati raccolti 1700 sacchi. Ci sta pensando una società specializzata nello smaltimento dei rifiuti speciali. «Dopo l’intervento massiccio iniziato l’anno scorso e che ci ha permesso di rimuovere 1700 sacchi – spiega il titolare del Lido, Angelo Cerina – ora stiamo procedendo con i recuperi singoli. Quando uno dei sacchi riemerge dalla sabbia allora il personale lo raccoglie per poi smaltirlo». Un lavoro inevitabilmente a rilento visto che la bonifica deve seguire protocolli rigorosi. Nessuno scavo può essere fatto sulla battigia, nessun mezzo pesante può essere utilizzato per riportare “a galla” i contenitori di nylon carichi di sabbia e ancora presenti in parte sotto la sabbia del “bagnasciuga” o ancora di più sotto il fondo del mare a poca distanza dalla riva. «Per i singoli recuperi – aggiunge Cerina – non sono necessarie ulteriori autorizzazioni ma si va avanti con quelle già accordate».

In questi giorni di maestrale, senza le onde che si infrangono sull’arenile, dalla battigia spuntano i filamenti bianchi dei sacchi degradati. Sono proprio quelle frange a rappresentare il maggior pericolo per l’ambiente marino quando, steccatesi dalla sabbia, vengono trascinate in mare aperto diventando, in molti casi, “cibo” per tartarughe marine e sfrangiandosi ulteriormente e trasformandosi nelle microplastiche, per pesci e crostacei. 

«Ripensando al progetto delle barriere di sacchi – dice Angelo Cerina – troppe volte attribuito erroneamente alla nostra gestione, credo che sia stato inutile. Tra l’altro da noi, in inverno, la sabbia si deposita a ridosso delle cabine formando una duna che poi a inizio stagione riportiamo al suo posto. Quei sacchi sono stati soltanto un problema che stiamo ora risolvendo». Era stato messo a punto al Lido ma anche in altri tratti del Poetto. «Da noi è emerso quando la plastica è spuntata dalla sabbia, in altre zone magari diventerà un’emergenza quando accadrà la stessa cosa», racconta il titolare dello stabilimento balneare. A mettere l’accento sulla necessità della bonifica erano stati gli ecologisti del Gruppo di Intervento giuridico (firmatari di 5 esposti) ma anche Legambiente e dell’opposizione in Consiglio comunale.

Andrea Piras

© Riproduzione riservata