Aveva solo 27 anni, era partito da Annaba con altri nove connazionali, su un barchino di vetroresina diretto verso le coste della Sardegna. È arrivato morto. Il suo corpo, privo di documenti, è stato trovato a bordo dell’imbarcazione approdata nei giorni scorsi sulla spiaggia di Porto Pino.

Secondo la ricostruzione della polizia, a causarne la morte sarebbe stato un trauma cranico riportato durante la traversata. Un colpo violento, forse provocato da un impatto con lo scafo in seguito a un’accelerazione o a un’onda anomala. I soccorsi sono stati inutili: il giovane è giunto cadavere in Italia.

Ma dietro quella morte c’è anche una dinamica che oggi ha portato all’accusa di omicidio colposo aggravato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Subito dopo lo sbarco, gli altri migranti sono stati accompagnati al centro di accoglienza di Monastir per l’identificazione.

Due di loro si sono però allontanati arbitrariamente, facendo perdere le proprie tracce. Un comportamento che, alla luce del decesso, ha subito attirato l’attenzione degli investigatori.

In poche ore, la Squadra Mobile di Cagliari li ha rintracciati in via Roma: avevano tre telefoni cellulari e 3.500 euro in contanti. Durante le perquisizioni digitali è emerso un video in cui i due sono ripresi mentre conducono il barchino e altri filmati che documentano gli ultimi momenti di vita della vittima.

Alcuni dei migranti a bordo del barchino hanno fornito testimonianze convergenti. La partenza sarebbe avvenuta da Annaba, con una traversata pagata complessivamente 25.000 euro ai trafficanti. I due uomini finiti in manette sono indicati come scafisti e responsabili della navigazione.

Dopo circa due ore in mare, il mezzo avrebbe subito un contraccolpo violento, probabilmente per la velocità sostenuta o le condizioni del mare. È in quel momento che il 27enne avrebbe battuto la testa contro la struttura dell’imbarcazione, perdendo conoscenza.

Nonostante la gravità delle condizioni, i due scafisti avrebbero scelto di non chiedere soccorso, proseguendo la rotta verso la Sardegna. Una scelta che per la Procura, titolare delle indagini, integra gli estremi del reato.

(Unioneonline/Fr.Me.)

© Riproduzione riservata