«A Cagliari i percorsi per non vedenti finiscono sui muri»: barriere architettoniche, lettera aperta di Sinnos
Il presidente dell’associazione, Marco Deplano, la definisce “città dei soli”: elenca i progetti falliti ma propone anche soluzioni per favorire i disabiliPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Cagliari è (anche) quella città dove i percorsi tattili e i sentieri per non vedenti finiscono contro un muro. Dove si disseminano i marciapiedi di pali piantati in mezzo. E si distribuiscono blocchi di cemento negli spazi per i pedoni. Poco male, per chi ci vede o cammina senza problemi. Un danno, quasi un insulto, barriere insormontabili per coloro che non possono farlo.
Il quadro è tracciato da una lunga lettera aperta sottoscritta da Marco Deplano, presidente dell’associazione Sinnos, che pubblichiamo integralmente.
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Vivere ed essere liberi sono sinonimi. Libertà significa potersi muovere ovunque, quando e come si vuole. Dove si vuole. Cagliari, capoluogo della Sardegna, luogo dell’anima in cui abbiamo scelto di vivere, è di pochi. Spegne le sue già sparute e fioche luci, anziché potenziarle e aggiungerne di nuove e necessarie per i suoi abitanti i quali, sono sempre di meno e sempre più fragili. Sempre più soli e senza voce.
I lampioni dovrebbero essere (e restare) accesi dal far del tramonto fino ai primi bagliori dell’alba per garantire illuminazione a luce fredda o naturale forte, omogenea e costante. Invece, ancora oggi l’illuminazione pubblica è scarsa, indecorosa e intermittente. Spesso del tutto assente. Diminuisce così la sicurezza e si favoriscono i reati contro la persona, contro il patrimonio: aggressioni, atti vandalici, furti, rapine. Si alimentano conseguentemente anche il degrado e la sporcizia percepiti, il bivacco, l’emarginazione sociale.
Le persone rinunciano ad esercitare la propria autonomia. Soffocano il loro bisogno di vivere la comunità. Si rassegnano alla solitudine. Prigioniere in casa propria: private del diritto di muoversi liberamente nella loro stessa città.
Cagliari ha una popolazione tra le più anziane d’Europa e d’Italia e, questo dato, al di là dello spopolamento e dell’avvicendamento anagrafico, sarà difficile da invertire nei prossimi decenni. Ci sono sempre più persone con difficoltà motorie, visive e, naturalmente, bambine e bambini. Verso tutte queste porzioni della comunità, Cagliari è ostile, cinica e indifferente. A ogni angolo manifesta, dimostra e ostenta con arroganza la volontà di escludere il prossimo.
La città è per pochi, per qualcuno in particolare. Precisamente: per qualcuno che non ha nessun problema. Qualcuno che, con piglio autoreferenziale, va avanti per la propria strada, al suono di “se io ci vedo l’illuminazione è sufficiente; se io ci passo, allora il marciapiede è abbastanza largo”. Questa è la città di quel qualcuno che non fa caso se un monopattino occupa il passaggio, o se macchina o scooter impediscono di scendere o salire da un capo all’altro dell’attraversamento pedonale. Altro che inclusione sociale!
Cagliari combatte e sopprime le minoranze, un palo e un gradino per volta, incessantemente, con lucida prepotenza. Nel 2012 esisteva un progetto di abbattimento di barriere architettoniche rivolto ai quartieri di San Benedetto e Villanova come zone sperimentali della città: l’obiettivo dichiarato dal Comune era di mettere in campo interventi di rimozione degli ostacoli, migliorare il contesto urbano e adeguarlo poi a tutti i quartieri, periferici e centrali.
Senza timore di smentita e con enorme rammarico dichiariamo il fallimento di tale progetto che, al netto di qualche livellamento del marciapiede, non ha fatto altro che:
- aggiungere pali in mezzo ai marciapiedi senza alcun rispetto per qualunque tipologia di pedone;
- diminuire (o togliere!) l’illuminazione pubblica;
- disseminare ovunque ingombranti blocchi di cemento e pietra;
- disattivare la quasi totalità dei segnalatori acustici del sistema semaforico;
- erigere cordoli nelle aiuole delle piante ornamentali all’interno dei marciapiedi.
Inoltre, di pari gravità e responsabilità, istituzioni pubbliche e private hanno realizzato le seguenti opere inaccessibili:
- percorsi tattili e sentieri LOGES che terminano sui muri. Nella stazione ferroviaria di piazza Matteotti, i suddetti sentieri, per giunta, conducono verso biglietterie dismesse;
- pali di colore arancione di segnalazione di fermata CTM sono conficcati al centro dei marciapiedi e ostruiscono il passaggio e causano feriti;
- le pensiline di fermata delle linee CTM sono mancanti di segnalazione acustica e di adeguata illuminazione;
- l’illuminazione pubblica è rivolta unicamente verso la carreggiata, mentre dovrebbe avere due punti luce, di cui uno rivolto verso la strada per le macchine e l’altro orientato al marciapiede per i pedoni;
- la presenza di cassonetti e mastelli per i rifiuti in qualunque fascia oraria e la contemporanea infissione di pali sottraggono spazio al passaggio dei pedoni sui marciapiedi;
- le chiome incolte delle piante ornamentali ostacolano la già insufficiente illuminazione;
- le fioriere, i blocchi spartitraffico in pietra o cemento, costituiscono un grave rischio per l’incolumità di tutti.
Tali barriere sono ovunque e qui si riportano alcuni esempi. Vedasi viale Colombo Su Siccu - soprattutto nella parte a ridosso della cosiddetta Marina di Bonaria - , via Dante angolo via Cocco Ortu, via Tuveri, piazza Gramsci, piazza Garibaldi, piazza Repubblica (lato Upim), via Zagabria, via Berna, viale Regina Elena (lato mura), le vie Paoli, San Benedetto, Rossini, Boito, Ariosto, Corelli, Donizetti, Cimarosa, Verdi, Catalani, Palestrina, Machiavelli, Cavaro, Goldoni, Tommaseo, Boccaccio, Giusti, Petrarca, Pergolesi, Pascoli, Todde, Salaris, Lai, Foscolo, Tiziano, Pacinotti, Cino da Pistoia, Tasso, Boiardo, tutte le recenti piazze nei pressi del T Hotel e del parco della Musica.
Tutto ciò comporta una serie di constatazioni e conseguenti considerazioni.
Traspare una assoluta e incresciosa mediocrità come tratto dominante di chi pensa e realizza quotidianamente percorsi ad ostacoli per qualunque persona, a prescindere dall’età anagrafica o dalla condizione psicofisica.
Il grado dell’accessibilità è sintetizzato dal modo in cui sono pensati e realizzati gli spazi.
Contrariamente a ciò che succede in gran parte d’Europa da decenni, il capoluogo e l’isola continuano a costruire luoghi nei quali è l’individuo a doversi adattare e non il contrario.
La seconda constatazione fattuale è che la “partecipazione” è parola vuota: una pura mistificazione della realtà propagandata da una inadeguata e sedicente classe dirigente. Il pullulare di nuove barriere e il permanere delle vecchie sono dimostrazione di tale paradosso.
Si persevera nel voler rendere impossibile la vita di tante persone nelle normali attività quotidiane. Le barriere architettoniche non sono una battaglia di una parte politica. Si tratta di questioni di pura logica e di adeguamento alla civiltà.
Ulteriore considerazione riguarda l’ottimizzazione dell’azione politica e tecnica a favore dell’abbattimento delle barriere, ossia, la sostenibilità economica e la tempistica degli interventi. Nell’immediato si può eliminare ogni inutile e dannosa barriera e il costo per la spesa pubblica e il bilancio delle “nostre” casse è pressoché nullo.
Nello specifico:
- i pali di segnalazione stradale devono essere infissi rasenti al muro, curvati verso la strada e non più in mezzo o sul bordo del marciapiede;
- la segnaletica stradale per gli automobilisti, laddove possibile, deve essere impressa con vernice sull’asfalto (diminuendo anche il numero di segnalazioni stradali su palo);
- le rientranze dei marciapiedi realizzate per ospitare i cassonetti (oggi non più presenti), devono essere pareggiate al resto della pavimentazione;
- i montascale e gli ascensori presenti in città vanno manutenuti e sempre attivi. Nelle scalinate dove ancora mancano vanno installati;
- l’illuminazione deve essere forte e omogenea. Tutte le strade in cui esistono marciapiedi (per i pedoni) e corsie (per i veicoli) necessitano di una illuminazione attiva su entrambi i lati. I lampioni devono peraltro comporsi di una doppia luce: più alta, curvata e rivolta verso il centro della carreggiata per i veicoli la prima; più in basso, curva e rivolta verso il marciapiede a favore del passaggio dei pedoni la seconda;
- le piante messe per decoro devono essere adeguatamente potate perché se non curate si ammalano e sottraggono luce alla già insufficiente illuminazione pubblica;
- le pensiline degli autobus devono essere realmente accessibili, ben illuminate e provviste di guida acustica plurilingue;
- gli autobus di linea CTM, parimenti, dovranno avere la voce guida del percorso effettuato sempre attiva.
L’iter classico prevederebbe il ricorso a segnalazioni via pec e posta ordinaria, conferenze di servizi, tavoli di concertazione e incontri tecnici.
SINNOS, come noto, si è finora occupata soprattutto di divulgazione. Ma, come recita il suo statuto, su un tema come questo, siamo attenti e vigili.
Ci impegniamo quindi a fare da connettore per altre associazioni e gruppi di persone che vogliano informare le istituzioni su quali siano le azioni, come quelle qui sopra esposte, da compiere immediatamente. Capovolgiamo l’ordine delle cose: contribuiamo a fare di ciò un documento programmatico che sia da guida operativa. Gli Assessorati del Comune di Cagliari per i Lavori Pubblici, i Servizi Tecnologici, l’Urbanistica, d’accordo con il resto della Giunta e col Sindaco, il CTM, sono chiamati al confronto.
(Unioneonline)